Lautaro e il primo anno horror all’Inter: “Mi ha scioccato. Dopo tre mesi…”

Una lunga intervista, per raccontare la sua esperienza all’Inter, ma anche aspetti più intimi della sua nuova vita da padre. A tutto Lautaro

Marco Macca

3 giugno

Una lunga intervista, per raccontare la sua esperienza all’Inter, ma anche aspetti più intimi della sua nuova vita da padre. A tutto Lautaro Martinez ai taccuini de La Nacion. Intervistato dalla testata argentina, infatti, l’attaccante nerazzurro ha confessato quanto abbia sofferto la tanta panchina fatta al primo anno a Milano:

ARRIVO ALL’INTER CON LA NUMERO 10 – “Quando è arrivata l’Inter, il direttore sportivo (Ausilio, ndr) è venuto a trovarmi a Buenos Aires. In quel colloquio, gli ho chiesto se il 10 era libero. Ha detto: ‘bene, bene, vediamo’. Quando sono andato a Milano per firmare il contratto, ho insistito che volevo il 10. Mi hanno detto ‘guarda, il 10 è stato usato da Ronaldo, Baggio, Sjneider, questo, l’altro…’. Ho detto loro di sì, che ne ero consapevole, ma che mi piaceva la sfida: ‘La amo’. E me l’hanno regalato: ho firmato e fatto la foto con il 10“.

PRIMO ANNO DIFFICILE – “Mi è costato, mi ha scioccato. Sono passato dal Racing, dove ho segnato gol e la gente cantava il mio nome, ero sempre un titolare, in un nuovo paese, un nuovo club, una nuova lingua… Sapevo che mi sarei dovuto adattare, ma non che mi sarebbe costato tanto. Dopo tre mesi e avevo già detto che volevo andarmene. A volte prendevo la macchina e andavo in giro da solo. Ero pazzo, non pensavo. Mauro (Icardi) mi ha dato una mano gigantesca in quel momento, lo ringrazio sempre. Sono molto felice che il primo anno mi sia servito come apprendimento. Già nel secondo anno ho giocato di più, le cose sono cambiate“.

VITA DA PAPA’ – “Tutta la mia vita è cambiata. Ho cambiato il mio modo di vivere le cose, non solo a casa. La nascita di mia figlia mi ha fatto maturare. Penso a tutto due o tre volte, sono molto più calmo. Anche in campo: saltavo le partite perché venivo facilmente rimproverato, per aver protestato. Nina mi dà tranquillità. Anche dall’Inter mi hanno detto che sono diverso, molto più coinvolto nel gruppo, più leader. Sento di essere maturato molto, di aver aperto la testa“.

NASCITA NINA – “Quella notte non ho dormito per niente. La bambina è rimasta nell’incubatrice, ho fatto le carte e sono dovuto andare ad allenarmi perché il giorno dopo dovevamo giocare la prima semifinale di Coppa Italia contro la Juventus, in casa. Immagina, è nata mia figlia. Ho dovuto passare la prima notte della bambina lontano da lei. L’avevo abbracciata, ma era sotto ossigeno, era una sensazione orribile“.

BAHIA BLANCA – “Non posso andare a Bahía Blanca da più di un anno e mezzo, ma è il mio posto. Dove respiro, dove porto energia, dove condivido i momenti con i miei amici. E ora non potrò nemmeno andarci. Dico ad Agustina: ‘Domani andremo a vivere a Bahía Blanca’. È il mio posto nel mondo“.

UN MONDO NUOVO – “All’Inter ho conosciuto il mondo: ho compagni inglesi, croati, sloveni, slovacchi, cileni, uruguaiani… E un belga (Lukaku) che parla sei o sette lingue, ha una struttura tremenda. Abbiamo storie simili da ragazzi, abbiamo creato un cameratismo importante che si trasferisce in campo. Ma meglio non farlo arrabbiare, hai visto il suo fisico?“.

(Fonte: La Nacion)

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