L’Arsenal ha messo sotto contratto un baby fenomeno: ha 5 anni e va ancora all’asilo

Questa ci mancava proprio: l’Arsenal storico e blasonato club di Londra (13 scudetti) ha ingaggiato un bimbo di appena cinque anni. Si chiama Zayn Ali Salman, è un funambolo, lo chiamano già “il piccolo Messi“. Un suo video di prodezze sta facendo il giro del web. Va ancora all’asilo ma frequenta pure la pre-Academy dei Gunners.

“È l’acquisto più giovane di sempre nel mondo del calcio “ dice il commentatore di Eurosport presentando un video di prodezze del baby fenomeno. Ha il dribbling facile, grande destrezza palla al piede.  Un filmato lo riprende mentre uccella giocatori più grandi di lui. Ha una cabeza alla Maradona, sembra un puffo, un cartone animato. Su Instagram le sue foto non si contano. Segna di destro e non esulta. E regolarmente “sotto contratto“ da un annetto. L’Arsenal vede nel bimbo un potenziale sontuoso. Aspetta e spera.

Detto questo, tentiamo alcune riflessioni. Vogliamo parlarne?

1) Per carità, la storia dello sport ci ricorda non pochi precoci talenti. Pensiamo a Nadia Comaneci che a 14 anni strappava il suo primo oro olimpico stregando il mondo intero. Eravamo a Montreal, 1976. Senza andare troppo lontano  ricordiamo che alle recenti Olimpiadi di Tokyo, Momiji Nishiya, uno scricciolo giapponese, ha vinto l’oro nello skateboard, a 13 anni e 330 giorni. Un altro fenomeno.

E non dimentichiamoci della ginnasta  statunitense Simone Biles, altro scricciolo di nemmeno cinquanta chili, che a 14 anni era già nella Nazionale USA e l’anno dopo infilava la sua prima medaglia d’oro (venti solo ai Mondiali). Poi sappiamo come è andata a finire. A Tokyo ha avuto un attacco di “twisties” (disturbi mentali). Il New York Times ha rivelato che il cioccolatino dell’Ohio è spesso costretta “a combattere i demoni“ . Ha dovuto ritirarsi.

2) Questa triste storia della Biles – la più grande ginnasta della storia – ci invita al rispetto per l’ingenuità, la purezza ed il talento che ha bisogno – guai a dimenticarlo – dei suoi tempi. Puntare subito addosso i riflettori a questi bimbi è quantomeno un pericoloso azzardo.  E va lanciato un allarme: basta con questo calcio business affamato di campioni. Ormai i talent scout si spingono ovunque, negli asili e nelle sperdute parrocchie africane, in Patagonia e chissà dove.

E che dire dei genitori? 

Secondo lo scrittore Roberto Pazzi – una vita spesa (bene) con gli studenti – i genitori di Zayn stanno creando un mostro. Teme che dietro quel padre ci sia “un uomo teso a proiettare i suoi falliti sogni di gloria“. Da più parti si invoca per il piccolo calciatore il rispetto della sua crescita, il bisogno di giocare, il bisogno che il baby fenomeno  compia un cammino della formazione culturale. Non è poco. Ma è necessario.

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