L'appello del martedì

Dieci punti l’Inter, nove la Fiorentina. Il cerchio magico si chiuderà martedì sera e fatalmente ci si divertirà perché entrambe giocano che è un piacere.

Ieri l’Inter non l’avrebbe fermata neppure Paolo “Jacobs” Dal Pino, il presidente della Lega che a Roma, nella serata di venerdì, correndo qualche rischio – mai come in Rosellini – ha inseguito e catturato uno scippatore. Un gol dopo sei minuti, tre nei primi quarantacinque, e il Bologna si è dovuto arrendere all’evidenza e all’eccessiva distanza tecnica: gli errori difensivi della squadra di Mihajlovic si sono tuttavia sprecati, favorendo l’imbarcata. Quando una partita si risolve in una mezzoretta, o in un allenamento del sabato, perdippiù demolendo le recenti e frettolose conclusioni degli “analisti” («all’Inter manca il gol», dopo la partita col Real; «Sinisa ha finalmente alzato il muro», dopo il pari di Bergamo) troppe parole non servono: ci si affida, nelle spiegazioni, alla discontinuità alimentata dallo stress da calendario fitto e alle incongruenze di un campionato i cui valori cominciano a essere sottolineati dal campo; un torneo nel quale Fiorentina e Torino potrebbero interpretare il ruolo delle “rubapunti” (alle prime sette). Il resto della compagnia ha significativi limiti tecnici e strutturali.

Riverniciata con qualche attenzione in più, proprio la Fiorentina mostra una consapevolezza e un’efficacia che la allontanano dal recente passato di amarezze. L’altra volta finì quinta. Era la stagione 2015/16: nove punti nelle prime quattro partite, proprio come ora. Una stagione lontanissima, alla quale hanno fatto seguito decine di errori, il cambio di proprietà, contestazioni, esoneri, finali imbarazzanti (non dimentico Fiorentina-Genoa con Prandelli dalla parte sbagliata). E diffidenze, tante, in un turbine che ha impastato la passione e la scena del Franchi. Il vento sembra essere cambiato: la fortuna sta aiutando l’audace Commisso, che a questo campionato chiede le risposte più importanti. La fortuna, certo: Rocco aveva inseguito la guida di Gattuso; registrati i dubbi di Rino, si era spostato su Juric (si narra di un confronto con Barone interrotto bruscamente), in seguito Gattuso si era convinto. E sappiamo com’è andata a finire. Italiano è stata la scelta della disperazione (per i tempi, non per altro): per averlo la Fiorentina ha rischiato di danneggiare i rapporti con lo Spezia.

Italiano è una mano santa per una piazza che aveva bisogno di freschezza, energia e ambizioni. Anche personali. Ha idee chiare e un’evidente urgenza di perfezionamento: a febbraio telefonò per la prima volta a Sarri, che considera un maestro (a distanza), e si fece travolgere per oltre un’ora dai suoi princìpi di calcio. La bellezza di Vincenzo, oltre che nel gioco, risiede nello sfruttamento delle risorse, anche di quelle che venivano date per perdute: a Genova è entrato (di nuovo) l’ex desaparecido Duncan, seguito dal delicato Saponara, che il tecnico ha rilanciato a Spezia, da Amrabat, a lungo sul mercato, dal “reduce” Benassi e – incredibile ma vero – anche da Kokorin.

Il Bologna e quelle parole

Non ho mai nascosto la passione per il Bologna: le mie radici, i miei colori, la mia curva, i miei inizi professionali. Dopo ogni partita vengo raggiunto da un’infinità di messaggi: il fratello, gli amici, vecchi e nuovi compagni di tifo. Ieri i termini più frequenti erano “umiliazione”, “indegni” e “vergogna”. Li cancellerei dal vocabolario del risultato sportivo. Con l’Inter la prestazione è stata avvilente, ma in precedenza una squadra con tanti limiti aveva raccolto 7 punti su 9. Per Sinisa questa è la stagione più complicata poiché è nata tra dubbi, freddezze, economie e riflessioni. La aggiusterà. Prima di salutare una compagnia stanca. Avvilimento, dunque, non vergogna: per fortuna, dopodomani si rigioca. «Solo la vita riesce a essere oscena, indegna, umiliante». (cit. Frida Kahlo).

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