L’andata col freno, il ritorno perfetto. Ora Conte sprinta direzione scudetto

Dopo i dubbi nelle prime gare della stagione, nel nuovo girone otto successi su otto. Antonio ha cambiato spirito, testa e… Eriksen

Il dato che non va d’accordo con la scaramanzia dell’Inter, ma che qualcosa in fondo vorrà pur dire, è il seguente: mai nell’era dei tre punti, dunque dal 1994-95 a oggi, una squadra è riuscita a rimontare sette punti alla capolista a 11 giornate dalla fine. E sette, nella peggiore delle ipotesi nerazzurre, sono oggi i punti di vantaggio di Antonio Conte sulla Juventus. Ce ne sarebbe per gestire. Alt, fermi tutti. Una volta era bandito il sostantivo scudetto. Oggi è vietato un verbo ad Appiano: gestire, appunto. L’Inter sa solo accelerare. Sa solo andare al massimo. Vasco Rossi, tifoso nerazzurro, l’aveva messa in musica, no? “Vado al massimo”. Con il 100% di realizzazione: 8 partite, 8 vittorie nel girone di ritorno. Se sarà stato lo strappo decisivo per lo scudetto, lo diranno le prossime settimane. Di certo, sembra di essere arrivati a quel punto di una tappa ciclistica in cui chi è al comando non si volta più e spinge sui pedali perché l’attrazione della vittoria è maggiore di tutto, pure della fatica.

Top in Europa

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Lo strappo è nei fatti: nessuno in Europa, nell’ultimo mese e mezzo, ovvero da quando l’Inter ha iniziato il filotto, ha replicato il 100% di vittorie di Lukaku e soci. Neppure il Manchester City, seppur a fronte di più partite disputate. Il parallelo con il girone d’andata è la fotografia di una svolta: allora, contro le stesse otto avversarie, nella valigia di Conte si vedevano 15 punti, un quinto posto in classifica, un derby perso, alcuni singoli non all’altezza e molti dubbi di un equilibrio tattico precario.

I motivi

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L’Inter di oggi è un monolite. Della svolta tattica di 19 partite fa e del ritorno al 3-5-2. In un ideale girone i nerazzurri hanno totalizzato 50 punti, guadagnandone 14 sul Milan. Quota 50 è una vetta quasi inesplorata: vuol dire mezzo campionato alla stessa andatura, più o meno, con cui Conte centrò il record dei 102 punti con la Juventus. Come si è arrivati a un cambio così netto, rispetto all’andata? La risposta non è nei gol di Lukaku: 12 allora, 12 oggi. Anzi, quella è la costante. È il contorno che è cresciuto. L’asticella alzata di alcuni singoli è la prima delle spiegazioni: Skriniar ha ritrovato il sorriso, Brozovic la fiducia, Hakimi la capacità di correre all’indietro. Ma questo girone di ritorno ha soprattutto un passaporto danese. Il 30 gennaio l’Inter inizia il filotto, il 30 gennaio è anche la data della prima da titolare di Eriksen nel 2021. Sarà pur vero che, come dice Cristian, “il gol al Milan in Coppa Italia ha cambiato il modo degli altri di vedermi”. Di sicuro, l’incrocio tra lui e il tecnico è determinante. Anche perché è avvenuto di pari passo a un cambio di mentalità di tutti i nerazzurri: oggi l’Inter legge, sceglie, amministra e governa il tipo di partita che vuole interpretare. E lo spirito è totalmente diverso. Il 17 gennaio Lukaku e compagni hanno dominato la Juve. Tredici giorni di incubazione prima dell’inizio di questa serie sono bastati per recepire il messaggio: i tempi per il passaggio di consegne in A sono maturi. Conte l’aveva capito già prima: da quando è all’Inter ha messo insieme 9 punti in più della Juve, 17 dell’Atalanta, 23 della Lazio, 24 del Milan, 27 della Roma, 35 del Napoli. Considerando da dove partivano i nerazzurri (-21 dalla Juve), non male.

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