La Spagna pazza il Mago. E lui punta il Bayern: “Neanche il Barça di Guardiola era invincibile”

Intervistato da Marca e il Mundo, tra Champions e Nazionale: “Luis Enrique non mi ha chiamato, ma continuerò a lavorare per convincerlo a cambiare idea”

Filippo Maria Ricci @filippomricci

23 febbraio – Milano

E venne il giorno del Mago. In attesa di Lazio-Bayern Monaco di questa sera la Spagna si coccola Luis Alberto. Il giocatore della Lazio si è preso grandi spazi su Marca, con un’intervista interessante, e sul Mundo, che gli dedica una pagina. Tutto ampiamente meritato per un giocatore dalla traiettoria peculiare, lontana dalla Liga e all’insegna del nemo propheta in patria.

Paradosso Luis Alberto

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“Luis Alberto ha giocato appena 16 minuti con la nazionale spagnola ed è una cosa che in Italia nessuno si spiega” scrivono sul Mundo in un articolo intitolato “Covid, appendicite e gol”. Ovvero i tre ingredienti della complicata stagione di Luis Alberto. Sul quotidiano politico madrileno presentano la sfida europea di stasera come il possibile trampolino per lo spagnolo, e fanno notare che tra i centrocampisti nazionali solo Sergio Canales e Marcos Llorente hanno segnato più del laziale. “Sarà pure un calcio globale, ma succede ancora che un talento nazionale che gioca all’estero ottenga riconoscimento minore di ciò che merita. E se non è passato per qualcuno dei grandi club della Spagna il relativo anonimato è ancora maggiore. È così che nasce il paradosso di Luis Alberto Romero” si legge sul Mundo.

“Nessuno è invincibile”

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Nell’intervista a Marca lo spagnolo fa riferimento alla doppia sfida con i campioni d’Europa e ricorda che “Nessuno ci dà come favoriti però abbiamo delle possibilità. Se non è stato invincibile il Barça di Guardiola nessuna squadra può pretendere di esserlo. Ci piacciono gli avversari che attaccano e concedono spazi, comunque è chiaro che per avere qualche chance dobbiamo fare la partita perfetta”.

Ferita riaperta

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Luis Alberto parla del buon momento della Lazio: “Avevamo perduto la nostra identità e avevamo bisogno di tornare a credere in noi stessi. Ora la squadra è tornata a essere felice e dobbiamo continuare così”. E delle pene personali: “Avevo segnato 5 gol in 6 partite e mi stavo divertendo a giocare a calcio, è stato un colpo davvero duro dovermi fermare per l’appendicite. La felicità per la doppietta nel derby è durata pochissimo: tre giorni dopo mi hanno operato… Ora sto recuperando la forma perduta. Ho forzato le tappe per tornare perché venivo da un gran momento ed è l’anno dell’Europeo, e non sono rientrato nelle migliori condizioni. Cinque giorni dopo l’operazione ero già li a correre, facevo fatica a muovermi ma avevo troppa voglia di tornare. E dopo la partita con l’Atalanta mi sono pentito perché mi si è riaperta la ferita. Però siamo nel momento decisivo della stagione e volevo dare una mano alla squadra”.

Gli obiettivi

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“Penso di poter superare i 12 gol della stagione 2017-18. Me ne mancano 6 per battere il mio record personale ed è un obiettivo preciso che mi sono prefissato. Con la Lazio invece è importante confermarci in Champions. Non possiamo fare un anno in Champions, uno in Europa League, due senza Europa… per crescere ci vuole continuità ad alto livello”.

Pepe Reina, padre di famiglia

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Poi su Pepe Reina: “Avevamo bisogno di uno così. Un giocatore con esperienza, uno che ha vinto tutto, uno che si fa rispettare e che, nei momenti positivi come in quelli negativi, dice le cose in faccia. Eravamo una famiglia, però ci mancava un padre come Pepe”.

I problemi

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“Con il presidente Lotito le cose si sono sistemate nell’unica maniera possibile: io mi sono messo a disposizione dell’allenatore e di Angelo Peruzzi e nessuno può dirmi qualcosa in termini di sacrificio personale”. E sull’indagine per il protocollo Covid: “Noi giocatori abbiamo fatto ciò che ci hanno detto di fare. Dai positivo, vai a casa. Dai negativo, ti alleni. Io stesso sono stato 10-11 giorni a casa. Non capisco come un giocatore possa dare positivo, poi negativo, e poi tornare ad essere positivo. Sono cose strane che però sono successe anche nella vita quotidiana”.

Il futuro

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“Io nella Lazio sto bene. Se il club decide di vendermi è un’altra storia, però finché ho un contratto con la Lazio io a me stesso chiedo di essere il migliore. La nazionale? Mi piacerebbe da morire, aspetto con ansia ogni lista di convocati. Luis Enrique ha il suo stile e ancora non mi ha chiamato, però continuerò a lavorare per convincerlo a cambiare idea”.

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