La profezia per Sneijder, l’ultimatum di Ronaldo e… Inter-Real, le sliding doors dei grandi ex

Oggi è la volta di Hakimi, ma il calciomercato ha portato tanti giocatori a vestire entrambe le maglie. Tra rimpianti, occasioni e retroscena, ecco l’altra sfida…

Michele Antonelli @MicheleAnt96

25 novembre – Milano

Un volo in aereo, un ultimatum, attimi di follia. Le chiamano sliding doors, porte girevoli. Scintille, a volte opportunità. Tra rimpianti, desideri di futuro e nostalgia, è Inter-Real fuori dal campo. Da Milano a Madrid e viceversa, un romanzo di ex con la valigia in mano.

10 MINUTI

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Tecnica, potenza e velocità. In tre parole, Roberto Carlos. Freccia verdeoro classe 1973, mette residenza sulla sinistra e partendo dal Sud America e dal Palmeiras fa tappa nella Milano nerazzurra. È il 1995, un lampo. Una sola stagione per farsi ammirare, poche settimane per i pentimenti. “All’Inter – raccontò in un’intervista – giocai da attaccante”. Il motivo? Qualche gol di troppo nelle prime presenze. “Cominciarono a schierarmi davanti, ma non era il mio ruolo. Ne parlai con il presidente, non potevo continuare perché di lì a poco ci sarebbe stata la Coppa America e per il bene della mia nazionale dovevo tornare sulla fascia. Il dettaglio è che quel giorno incontrai anche Lorenzo Sanz, allora numero uno del Real Madrid… Firmai per loro in dieci minuti”.

L’ULTIMATUM

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Strappi, doppipassi, magie. San Siro o Bernabeu, per Ronaldo cambia poco. Sempre irresistibile in campo, spacca il nuovo millennio da Fenomeno. Per lui, un lustro interista incorniciato da due Palloni d’Oro. Uno all’arrivo, nel ’97, e uno all’addio, nel 2002. “A Milano stavo bene, sentivo l’amore di tutti i tifosi ma il problema era l’allenatore”. Il colloquio con il patron Massimo Moratti fu chiaro: “Con Hector Cuper non posso continuare. O lui o me”. Fine. 45 milioni nelle casse dell’Inter e un volo prenotato per la Spagna. “Scelsi il Real anche grazie a Roberto Carlos, che in nazionale me ne parlò bene. Scoprii un mondo addirittura migliore di come lo immaginavo”. Ambientamento veloce, affetto ovunque. “Con Florentino (Perez, ndr) un rapporto straordinario – raccontò -. Probabilmente il miglior presidente che ho avuto”. Con le merengues, un quinquennio di alti e bassi chiuso da problemi, voglia di passato e un grande tradimento. “Il passaggio al Milan? Comodo dirlo dopo, ma volevo tornare all’Inter. Aspettai, ma se non arriva né un sì né un no, c’è poco da fare. In quel momento i rossoneri mi volevano e io, più che traditore, mi sentivo rifiutato”.

ERRORI DI CALCOLO

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“Cuchu” per tutti. Esteban Cambiasso si presenta così alla Serie A. Soprannome d’effetto, ereditato da un simpatico personaggio della tv argentina, approda in Italia nel 2004 e per restarci, dopo due annate incolori a Madrid. Scetticismo tra i più. “Qualcuno pensava che fossi venuto in vacanza. Durante la presentazione i più ottimisti mi chiesero se pensassi di poter giocare qualche minuto, non fu facile”. Background da seconda scelta in un gruppo stellare, fu lasciato andare a parametro zero. Dalla rovente Castiglia alla fredda Lombardia, si trasformò in poco tempo in un rimpianto “galactico” per i madrileni. Eroe sotto mentite spoglie per gli interisti.

ADDIO AMARO

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Dici Luis Figo e pensi a uno dei trasferimenti più discussi della storia del calcio. Anno 2000, viaggio da Barcellona a Madrid con una strana clausola. “Raggiunsi un’intesa con il candidato presidente alla guida del Real. In seguito mi dissero che se non avessi firmato per loro avrei dovuto pagare tutti gli abbonamenti del Bernabeu per un anno. Fu un accordo fatto dal mio agente, non ne sapevo nulla”. Così i Blancos. Piatto forte la Champions, a far da contorno il Pallone d’Oro. Nel 2005 il saluto improvviso e una fuga all’Inter, così spiegata qualche anno dopo: “Eravamo in precampionato e giocavo poco, cercai la mia felicità da un’altra parte per non essere un peso. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto salutare in un altro modo, ma non è stato possibile”.

PROFEZIE

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Tassello mancante per un puzzle ancora incompleto. Estate 2009. Per José Mourinho, l’olandese Wesley Sneijder è l’uomo del salto di qualità europeo. Classe e fantasia, un “10” al servizio dell’Inter. Voglia di osare e problemi madrileni con Louis Van Gaal a corredo. “Avevo i miei dubbi, ma José mi convinse subito”. Poi un volo vista Duomo e una miriade di pensieri: “Mia moglie Yolanthe durante il viaggio mi vide pensieroso e mi disse di essere positivo. Ripeteva che sarei tornato a Madrid per giocare la finale al Bernabeu”. Profezia. “Aveva ragione. Alla fine della stagione mi ritrovai con la coppa in mano”.

L’ENDORSEMENT DI LUKA

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Tecnica e stile. Ordine e classe. Il talento cristallino del croato Mateo Kovacic tocca il nerazzurro nel gennaio 2013 e si consacra tra i Blancos grazie a un connazionale. Fu infatti Luka Modric a raccontare – nella sua autobiografia – il trasferimento in Spagna nell’estate 2015. “In Cina, in una delle amichevoli estive di quell’anno, affrontammo l’Inter. Seguii l’incontro dalla panchina e osservai la prova ottima del mio amico Mateo. Vincemmo 3-0, ma Kovacic era sulla bocca di tutti. Poi volammo a Shanghai per la seconda amichevole contro il Milan. In aereo ne suggerii l’acquisto al presidente, anch’egli rimasto colpito. Disse ‘Forse l’anno prossimo’, ma dopo cena ne parlammo ancora. Anche Rafa Benitez, arrivato dall’esperienza al Napoli, conosceva il suo potenziale ed era convinto. Tre settimane dopo la partita in Cina, Mateo era con noi”. Colpi di fumine.

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