La partita di Zhang: dal campo a fatturato, così punta a ridurre il gap col Liverpool

Il presidente ad Appiano per l’allenamento e la cena: la Champions è il trampolino per recuperare il divario tecnico ed economico con i club di Premier

Otto ore filate sui campi di Appiano, non capita spesso al presidente dell’Inter in questa epoca. Ma un ottavo di Champions merita tempo, attenzioni e passioni: è la nobiltà europea finalmente ritrovata, lo scatto oltre i confini atteso da Suning, la buona onda che prosegue dopo il primo scudetto vinto da una proprietà straniera in Italia. Nella sua giovane carriera presidenziale Steven Zhang avrà pure già raggiunto una finale di Europa League , ma anche per lui la Coppa più importante ha un fascino unico, figurarsi ora che siamo al momento delle sfide a eliminazione.

Alla Pinetina

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Per questo ieri il 30enne numero uno del club si è presentato alla Pinetina subito dopo pranzo e ha assistito a bordo campo a quasi tutto l’allenamento di Inzaghi. Ha parlato a lungo con lo stesso Simone, ha passato del tempo con i dirigenti e si è trattenuto fino a sera: ha lasciato Appiano solo dopo aver cenato con la squadra e lo staff. Il colosso rosso fuoco in arrivo a Milano merita il massimo delle attenzioni: almeno il campo dovrà provare ad accorciare la differenza che risalta altrove. Tra incassi tv e interesse commerciale, la forchetta tende inesorabilmente ad allargarsi. La differenza tra l’Inter (cinese) e il Liverpool (americano) è anche figlia dello squilibrio dei due sistemi che accolgono i club: di qua la Serie A chiamata a una faticosa rincorsa, di là la Premier che fiorisce ancora grazie ai diritti tv. È ormai arrivata ad assorbire 1,6 miliardi annui di diritti esteri contro i 220 del nostro campionato grazie alla vendita di un format collettivo basato su spettacolarità, emozione, livello dello scontro, imprevedibilità. I rossi di Liverpool, che si nutrono della passione sconfinata di Anfield e godono del motore innescato da Klopp, rispondono come pochi ai requisiti richiesti.

Boom rosso

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Nella distribuzione dei proventi tv in Premier c’è un rapporto di 1,6 a 1 tra prima e ultima della lista. Proprio questa ricchezza sparsa a pioggia ha attratto capitali dall’estero che hanno cambiato del tutto la geografia dei proprietari. Quelli dei Reds sono arrivati dagli Usa e hanno piazzato le tende sulle sponde del fiume Mersey nel 2010. Fanno riferimento a un agglomerato, il “Fenway Sports Group”, con nome melodioso per tutti gli appassionati di baseball: il gruppo possiede il mitologico Fenway Park, tempio più antico della Major League, e i Boston Red Sox, la squadra che lì dimora da oltre 100 anni. L’impero si è recentemente allargato nell’hockey con l’acquisto dei Pittsburgh Penguins nella NHL. Questa multinazionale dello sport e dell’intrattenimento ha sfruttato a pieno le potenzialità di una big del calcio inglese, prima del rallentamento causa pandemia. Gli stadi di Premier rimasti sempre aperti in questa stagione lasciano immaginare nuovo ossigeno per le casse, ma l’ultimo bilancio consultabile, che risale al 2019-20, regala un’altra verità: dimostra come gli effetti del Covid siano stati dolorosi anche per un sistema virtuoso. Il Liverpool ha chiuso l’esercizio al 31 maggio 2020 con fatturato giù a 559 milioni secondo il nostro cambio. L’anno precedente, con la Champions vinta, era stato sfondato per la prima volta il tetto dei 600 (625 per l’esattezza): quell’esercizio si era chiuso con un utile di 49 circa, mentre nel 2019-20 la perdita è arrivata a 46. Tanti milioni, ma calo imparagonabile rispetto al rosso-record interista nell’ultimo bilancio.

Missing Suning

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Del resto, a Milano hanno ben altri problemi: il nuovo mantra cinese è, infatti, riequilibrare la gestione economica dopo il deficit (mai visto in Italia) di 246 milioni, e mantenere insieme pure la competitività sportiva. Tradotto: lo scudetto e questi ottavi dovranno essere obiettivi da aggredire anche nel futuro, nonostante l’attenzione ai conti. Il bilancio 2020-21, il peggiore nella storia della A, era comunque appesantito da una settantina di milioni di costi che non si riproporranno nel prossimo esercizio, che beneficerà invece del ritorno di parte del pubblico, dei nuovi sponsor di maglia e delle plusvalenze salvifiche di Lukaku e Hakimi. La chiusura dei rubinetti dalla Cina priva comunque il club degli investimenti di un tempo, anche se la cassa è florida grazie al prestito del fondo Oaktree. Dalla parte sua Zhang jr prosegue sulla strada della riduzione dei costi di gestione, mentre da giorni risente dell’aria frizzantina della Champions: l’ultima volta allo stadio per una gara nella Coppa più importante risale al 10 dicembre 2019. Allora si presentava a San Siro un’altra grande ed è meglio dimenticare il risultato: 1-2 del Barça e Conte eliminato. Da allora tutto è cambiato, pure il perimetro attorno a cui si muove Suning. Uguale, però, è l’antica voglia: i nerazzurri vogliono un posto stabile nella tavola imbandita della Champions, magari pure un invito a sorpresa nel party privato delle 8 migliori.

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