“La panchina chiodata“: Ivan Zazzaroni non poteva trovare una definizione più efficace per titolare il suo editoriale sulla schizofrenica situazione vissuta da Fonseca e Juric in questi giorni di sosta del campionato. “Il portoghese da genio del derby a pessimo gestore del Milan in soli 12 giorni. Sette punti su 9 non bastano al tecnico croato per vivere una pausa serena“, riassume il Corriere dello Sport, stamane in edicola. Ivan si chiede: “Perché offrire un contratto di due o tre anni o – come nel caso di Juric – nove mesi se ad ogni partita l’allenatore rischia il licenziamento? Si può ancora parlare di programmazione tecnica e futuro quando un solo risultato negativo e i malumori della piazza finiscono per condizionare pesantemente le decisioni della proprietà?“. Domande quanto mai pertinenti. Le vicende di Fonseca, Juric e, prima ancora, l’urticante licenziamento di De Rossi (confermato il 25 giugno su base triennale di 3,2 milioni a stagione, licenziato dopo quattro giornate) confermano la validità di un teorema che va in direzione opposta e contraria: un allenatore è sempre più forte se alle spalle ha una società sempre più forte.
Gasperini fa scuola
Il caso scuola? L’Atalanta dei Percassi che ha ingaggiato Gian Piero Gasperini nel 2016, consentendo al tecnico di Grugliasco di inanellare nove stagioni consecutive sulla panchina bergamasca, della quale ha firmato le fortune sul campo. In Italia, dove ha appena tagliato il traguardo dei 900 punti in carriera e in Europa, con il trionfo di Dublino in quella che si chiamava Coppa Uefa e il nostro calcio non vinceva dal ’99, quando il Parma di Malesani conquistò il trofeo. Eppure, gli inizi atalantini di Gasperini furono disastrosi: 4 sconfitte nelle prime 5 giornate del campionato 2016-2017, tanto che lo spettro del licenziamento si allungò sull’allenatore, approdato a Bergamo dopo il secondo triennio genoano che era stato preceduto dall’anno nero luglio 2010 (esonero Genoa) – luglio 2011 (esonero Inter). Eppure otto anni fa, nonostante il pessimo inizio di stagione, Antonio Percassi impose alla squadra e all’ambiente bergamasco la fermezza della sua decisione. Risulta che, alla vigilia della partita decisiva con il Napoli, il presidente si presentò a Zingonia e parlò chiaro ai giocatori: “Sappiate che Gasperini è e resterà il nostro allenatore. Ora tocca a voi”. Il 2 ottobre 2016, schierando una formazione inedita e imperniata sulla linea verde (Caldara, Conti, Gagliardini, Petagna, Grassi), Gasperini batte i partenopei grazie a un gol dello stesso Petagna, alla fine del campionato si piazza quarto e getta le basi di un’ascesa straordinaria, culminata nella notte irlandese del 22 maggio scorso.
Gasperini mette Trapattoni nel mirino
Ora è ricominciata: in Champions League (pareggio con l’Arsenal, vittoria sullo Shakhtar) e in campionato (pareggio a Bologna, goleada al Genoa). Proprio contro il “suo” Grifone, Gasperini ha visto esplodere Retegui, tris ai rossoblù e primo posto della classifica cannonieri condiviso con Thuram, 7 gol in 7 giornate. Retegui che, meno di 72 ore dopo dal grave infortunio di Scamacca, Luca Percassi e Tony D’Amico ingaggiarono. Operazione da 23 milioni, una tranche dei 130 milioni spesi dalla società sul mercato per mettere a disposizione del tecnico un organico all’altezza delle quattro competizioni in cui è in lizza (campionato, Champions League, Coppa Italia e Supercoppa di Lega). Quando si dice allenatore sempre più forte se alle spalle ha una società sempre più forte. Così si passa dalla panchina chiodata a inchiodarsi sulla panchina. L’Atalanta ha già rinnovato il contratto di Gasperini fino al 2026, quando l’allenatore candidato al Pallone d’Oro eguaglierà il record juventino di Trapattoni: 10 stagioni intere consecutive alla guida della stessa squadra.
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