La memoria di Lotito

Un pareggio senza gol spesso rappresenta una partita inguardabile e noiosa e certo non si può dire che la contesa di Bologna, tra due giochisti come Thiago Motta e Sarri, sia andata avanti con poche emozioni. Ci sono state, eccome, anche dal punto di vista tattico perché i due tecnici si sono affrontati con la stessa filosofia e la medesima voglia di arrivare in porta con la manovra, con il possesso e il lancio improvviso sui tagli degli esterni, ma diversi sono i motivi per cui non sono arrivati i gol.

Motta, sembra quasi un paradosso, aveva tre attaccanti in grado di occupare l’area: il primo, Barrow, è stato fermato da Provedel e poi, pensiamo, da un filo di vento che deve aver allontanato il pallone dall’incrocio dopo un tiro fantastico; il secondo, Zirkzee, è entrato nella seconda parte della ripresa creando qualche fastidio a Casale e Romagnoli ma senza incidere in fase conclusiva; il terzo, Arnautovic, è rimasto ancora a guardare e si è distinto di nuovo nel finale per il lancio della bottiglietta, segno di insofferenza e, probabilmente, di rottura nei confronti di un allenatore che ha scelto la strada dei giovani, investendo nel futuro e allontandosi dal passato (anche Medel e Soriano sono entrati quando la partita si era quasi spenta). 

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Sarri senza un attaccante

Il povero Sarri, invece, si è presentato ancora una volta – ormai non le contiamo più – senza un attaccante, perché se il Bologna ne ha tre, la società biancoceleste aveva mal pensato durante il mercato estivo che fosse sufficiente Immobile per un anno intero e adesso rischia di pagare i danni di tale scelta, reiterata anche a gennaio. Priva ancora del suo capitano, la Lazio, come era già accaduto in Europa contro l’Az, si è smarrita in area dove nessuno degli altri giocatori di Mau è specializzato nella stoccata vincente. Stavolta i gol li hanno sbagliati Pedro, in avvio, su un gemma di Luis Alberto; lo stesso spagnolo davanti a Skorupski e, infine, Felipe che si arrangia come può ma che ogni volta che vede lo specchio preferisce la scelta del passaggio al compagno evitando di prendersi delle responsabilità. Chiedere a Sarri un posto in Champions, che resta alla portata solo perché la penalizzazione della Juve ha aperto uno slot imprevisto, è come dire il falso in un tribunale davanti ai giudici: e chi prima ha evitato di investire su un secondo attaccante, pur buttando tanti soldi su giocatori che sopravvivono in panchina ignorati dal tecnico, adesso chiede un piazzamento che vale come base di partenza tra i 20 e i 40 milioni. Così è troppo facile: come Lotito si è dimenticato insieme ai suoi principali collaboratori (sì, perché speriamo sempre che non lo abbiano fatto per scelta) di onorare la memoria del presidente Calleri, grazie al quale oggi esiste la società con cui il senatore gioca e si diverte, così deve aver rimosso dalla sua mente la scelta di non prendere un vice Immobile nelle due sessioni di mercato a disposizione. E come fa poi, insieme al suo diesse Tare, a chiedere a Sarri, che ha cambi limitati e non competitivi rispetto alle spese effettuate, un posto tra le prime quattro? Lo spieghi pubblicamente, con un po’ di coraggio, sollevando il tecnico da un obbligo incomprensibile. 
Il Bologna, fermando la Lazio che veniva da tre vittorie consecutive in campionato, continua a mantenere vivo il sogno di agganciare un posto in Europa e continua anche a dimostrare di essere una squadra, grazie a Thiago Motta, che l’ha addestrata a giocare sempre allo stesso modo a prescindere da chi si trova di fronte. Il brasiliano, che era uno dei candidati alla successione di Inzaghi prima di Sarri, ha lavorato in profondità sui giovani e ha imposto la sua legge: chi se lo merita durante gli allenamenti, poi scende in campo. I nomi non contano più e neanche il curriculum esibito su transfermarket: immaginiamo per questo quante altre bottigliette prenderà a calci Arnautovic da adesso fino a maggio. 

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