La Juventus alle porte del limbo

La squadra italiana che ha vinto di più in Italia contro la squadra italiana che ha vinto di più nel mondo: in altri tempi, sarebbe stato questo il sigillo di qualità assoluta in calce a Juve-Milan. In altri tempi, non oggi, per ciò che è successo e succederà in casa bianconera. In ambito rossonero, invece, i motivi di soddisfazione sono molteplici, nonostante la mancata finale di Istanbul, sfiorata dopo una semifinale Champions raggiunta a sedici anni di distanza dalla precedente. A corroborare il Milan c’è la qualificazione alla prossima edizione del massimo torneo europeo, comunque vicina anche in caso di sconfitta allo Stadium; c’è l’operazione Leao 2028, indice di programmazione del futuro; ci sono le rosee notizie di bilancio: il prossimo 30 giugno sono concrete le possibilità di chiudere l’esercizio in attivo, per la prima volta dopo diciassette anni, dove si dimostra che cosa voglia dire entrare o non entrare nell’eldorado Uefa. La Juve vive una situazione diametralmente opposta al Milan: è fra color che son sospesi e il riferimento virgiliano nell’Inferno dantesco si attaglia a una squadra e a una società nel limbo di ciò che accadrà, non soltanto negli ultimi centottanta minuti. Incombe il nuovo processo sportivo, fissato per il 15 giugno; l’Uefa è in agguato, l’esclusione dalle coppe europee oggi è incipiente, domani sarà minacciata, dopodomani ancora più temuta. Per non dire di De Laurentiis, il convitato di pietra alla rifondazione bianconera.

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Il caso Giuntoli

Il neocampione d’Italia tiene in ostaggio Giuntoli, gioca come il gatto con il topo, poiché tanto più tardi lo libererà (se lo libererà), quanto più tardi il club di Elkann potrà agire sul mercato e, si sa, sul mercato guai ai ritardatari. Poi c’è Allegri, sempre più pencolante fra conferma ed esonero, con il totoallenatore che impazza un giorno sì e l’altro pure, tenendo Max prigioniero nel tritacarne dov’è stato infilato, suo malgrado, dalle traversie societarie. E ancora, ultima, ma non meno importante, c’è la squadra. A Empoli s’è inopinatamente squagliata: Caputo, Luperto e Piccoli hanno maramaldeggiato fra le macerie di una difesa che da quasi sette anni non prendeva 3 gol nei primi 45 minuti, ennesima bordata statistica di questo annus horribilis, anche se tutta la Juve è colata a picco, non essendo riuscita psicologicamente a evitare il siluro -10, sganciato da Roma un quarto d’ora prima di scendere in campo. E vogliamo parlare del ping pong social fra la signora Di Maria e i tifosi che hanno criticato il marito tacciandolo di scarso impegno? E del nuovo stop and go di Vlahovic? Elkann, dalla Bocconi, ha lanciato un messaggio apparentemente anodino, però nemmeno tanto subliminale pure per Ceferin: «Assieme alla nostra squadra, l’allenatore è determinato ad affrontare le due prossime partite per meritare l’Europa sul campo». Su questo non c’è dubbio. Il motto della Casa dice: “Fino alla fine”. Onorarlo è il minimo che la Juve possa fare. Se il Diavolo non ci mette la coda.

Juve, Vlahovic è a rischio per il Milan

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