La Juve vince solo se Vlahovic segna: le soluzioni per servirlo

Nelle 5 vittorie bianconere il serbo ha sempre segnato, quando è rimasto a secco 5 sconfitte e due pari. Gli infortuni lasciano Milik come unica alternativa…

I numeri sono tali da non poter passare inosservati. Nelle cinque partite che la Juventus ha vinto in stagione, c’è sempre stato nel tabellino (almeno) un gol di Dusan Vlahovic. Di contro, mai nelle cinque partite che la Juventus ha perso c’è stata una rete del serbo. In più, nei quattro pari stagionali bianconeri, solo una volta (con al Roma) l’ex viola è andato a segno. Numeri che raccontano una regola: vittoria Juve sinonimo di gol di Vlahovic (non sempre viceversa, ma quasi). Vista in un altro modo, nelle sei partite in cui Dusan ha segnato la Juve ha fatto cinque vittorie e un pareggio, quando ha giocato senza segnare sono arrivate cinque sconfitte e due pareggi. Non c’è bisogno di aggiungere molto. Una prima considerazione è che se Vlahovic è capocannoniere della Serie A, nonostante tutte le disfunzionalità della Juventus e alcune giornate di difficoltà anche individuali che pure ci sono state lungo il cammino, dove potrebbe arrivare in altre condizioni?

INNESCARLO MEGLIO

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A ruota, il tema è appunto quelle disfunzionalità di squadra che lo penalizzano, o comunque: a che punto è il lavoro della Juve, in termini di soluzioni tattiche e modi di fargli arrivare palla, per metterlo in condizioni migliori di segnare? Lui per primo in molte occasioni ha sbagliato di più ed è stato meno letale, in termini di rapporto tra palle gol e realizzazioni, rispetto ai suoi giorni migliori alla Fiorentina. Dopo averlo tirato a bordo a stagione in corso a gennaio, con conseguente ovvia necessità di rincorrere nuovi equilibri senza poterci lavorare veramente, l’obiettivo dell’estate era costruirgli un sistema coerente attorno per innescarlo. Già frenata dal recupero della pubalgia, l’estate però non ha aiutato più di tanto perché oltre il “palla lunga e pedalare” (da Bonucci o Danilo ancor più che dal centrocampo) già visto l’anno scorso, sono cadute come foglie altre formule a cui si stava lavorando.

LE SOLUZIONI NUOVE

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Si stava lavorando per esempio a un modulo cangiante intravisto nelle prime uscite, in cui Pogba si trasformava da mezzala a trequartista per fare da suggeritore dietro le punte. Oppure alla soluzione con Di Maria ispiratore fondamentale non tanto dalla fascia, quanto accentrandosi per l’ultimo passaggio: per motivi di indisponibilità si è visto cosa potrebbe nascerne solo all’andata col Maccabi (tre assist), oltre alla prima di campionato col Sassuolo. Così l’unica soluzione nuova è rimasta quella legata ai cross dalle fasce, potenziate con l’arrivo di Kostic che Vlahovic lo conosce bene, una via rimasta poco più che accennata non solo per l’impatto del serbo (buono ma non esuberante) ma soprattutto per il calo a destra di Cuadrado, e il reiterato impiego in fascia di McKennie che ha altre caratteristiche, che hanno reso la pioggia di palloni dalle ali un’arma estemporanea più che di sistema.

CHI ALTRO?

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La questione si intreccia con quella delle alternative. Perché in stagione alle spalle delle sei reti di Vlahovic arrivano le quattro di Milik (tre in campionato, una in Champions League), da cui è arrivato forse più di quello che ci si aspettava. E dietro di loro la migliore risorsa offensiva è stato Rabiot con due gol, peraltro in una partita solo. Numeri di una produzione che ha saputo trovare qua e là altri gol (Bonucci e Bremer dalla difesa, poi Kostic, McKennie e Di Maria dalla trequarti: stop) ma che di certo non ha materializzato una vera alternativa al centravanti. E’ ragionevole dedurre che il rientro di Di Maria, di Chiesa e di Pogba porti molto in più anche dal punto di vista realizzativo, oltre che della costruzione. Ma oggi non ci sono e serve trovare un modo per andare avanti. Quello che si è trovato è dipendere da Vlahovic.

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