La Juve deve tagliare le spese: le nuove strategie di Agnelli

Al termine dell’assemblea che ha ratificato un bilancio pesante (89,7 milioni di perdita) il presidente della Juventus ha dato indicazioni interessanti sulle prospettive finanziarie. […]Per funzionare, però, una società ha bisogno di cassa e la Juve ha consumato, in soli sei mesi, quella raccolta con l’aumento, mentre il debito netto (pure migliorato a 385,2 milioni, da 463,5 un anno prima) torna a crescere dai 327 di dicembre. Anche quest’anno arriverà una perdita consistente, perché con gli stadi chiusi i ricavi non crescono, la recessione frena gli sponsor e le tv puntano a rinegoziare i diritti. Peserà anzi lo spostamento di parte delle retribuzioni al 2020/21. La nostra previsione di una perdita da 200 milioni nel biennio sembra destinata a confermarsi: dopo i 90 dell’ultimo anno, ad esempio, anche Banca Imi ne stima circa 112 quest’anno. La congiuntura non colpisce solo la Juve, certo, come giustamente rileva Agnelli, ma impone scelte importanti. Se in un’azienda la cassa è divorata dalla gestione, la mettono gli azionisti, oppure deve arrivare dal debito o cedendo gli asset (per un club: i calciatori).

Difficile non immaginare un graduale riposizionamento della Juventus su una strategia diversa dal passato: la scelta di un esordiente in panchina lo conferma. Niente più investimenti monstre per campioni affermati, ma avanti con l’età. Più giovani e una politica che punti a ridimensionare il costo della rosa, allineandola a ricavi che faticano a crescere per ragioni evidenti. Agnelli non ha smentito l’ipotesi, parlando anzi di «acquistare giocatori in altre fasi della curva biologica» e accennando alla necessità di rispondere alle difficoltà con la «creatività» (vocabolo alquanto inconsueto nella tradizione juventina) intesa come capacità di scovare e valorizzare giocatori sconosciuti.

Qualcosa che si avvicini al progetto-Elliott, insomma. Naturalmente il problema finanziario oggi resta: la Juve non ha problemi di patrimonio, ma la liquidità non si inventa. Non pare assurda l’ipotesi di allargare il perimetro societario a investitori internazionali: fondi di private equity o altri che possano rifinanziare la società. Il brand Juventus ha un’appetibilità che può certamente attrarre grandi investitori e questo servirebbe a giustificare una discontinuità gestionale che pare oggi inevitabile. Su questo, ovviamente, Agnelli non dice e non può dire.

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