La filosofia Inzaghi in cinque regole d’oro: da giovedì le spiegherà all’Inter

Il tecnico pronto a partire, da giovedì colloqui coi giocatori fuori da Europei e Coppa America. Eecco la sua filosofia, dall’atteggiamento in campo al dialogo

Filippo Conticello

3 luglio – Milano

Giovedì un pezzettino di Inter, quello che ha visto in tv Europeo e Coppa America, ascolterà per la prima volta il Simone-pensiero: è una filosofia umanistica, è rigore accompagnato sempre dal sorriso. Dopo due anni di guerra santa, che comunque ha portato a uno scudetto esaltante con Antonio Conte, ad Appiano inizia l’epoca di Inzaghi, più “morbida” almeno in apparenza. Il nuovo allenatore, insediatosi esattamente un mese fa, è specializzato nello spegnere i conflitti. È forse maggiormente malleabile, ma ha lo stesso sacro fuoco del predecessore. Più aziendalista, ma non meno decisionista. E alcune parole-chiave care a Simone aiutano a dare il senso della nuova era.

Dialogo

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Anche adesso che è arrivato al top, Simone non derogherà dai suoi principi. Non cambierà il suo stile empatico e affettuoso: i giocatori sono fratelli più che figli, vanno coccolati più che bacchettati. Anche se è meglio non farlo arrabbiare: Romelu Lukaku avrà sentito i racconti del fratello Jordan, spedito con disonore in tribuna per un ritardo prima di Juve-Lazio dell’estate 2020. Alla stessa velocità con cui si accende, però, lo scontro si spegne. Dalla carriera di calciatore Inzaghi ha, infatti, imparato questo: il dialogo è lo strumento migliore per cementare il gruppo. Ogni scelta va sempre condivisa e spiegata. Alla Lazio le lunghe chiacchierate non erano solo sul calcio e le cene contavano quasi quanto gli allenamenti.

Continuità

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Sarà pure diverso il carattere in panchina, ma la nuova era nasce in continuità con la precedente. Ad esempio, l’Inter vuole indossare lo stesso vestito, il più ammirato della festa l’anno passato: in partenza, resiste il 3-5-2, sistema attraverso cui Inzaghi ha creato una Lazio da combattimento. Ma con caratteristiche diverse dallo stesso modulo adottato da Conte: nel pensiero monolitico di Antonio ogni pedina deve eseguire sempre uno spartito mandato a memoria, con Simone c’è forse una maggiore possibilità di interpretare la singola situazione. E il filo col passato si annoda anche alla Lu-La: impossibile dividere ciò che il destino (e Conte) ha unito, si riparte dalla coppia diabolica di attaccanti Lukaku + Lautaro. Anche per questo si spiega la trincea scavata dal club e avallata da Inzaghi per proteggere il Toro da ogni tentazione.

Duttilità

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Niente sarà più scolpito nella pietra, neanche il modulo, nonostante la difesa a tre Skriniar-De Vrij-Bastoni sia una certezza a cui è impensabile rinunciare almeno all’inizio. Semmai è sulle fasce che può aumentare la creatività e la duttilità: nel prossimo doloroso post-Hakimi, non ci sarà più un titolarissimo a destra. I nerazzurri vorrebbero arruolare il naïf Bellerin e guardano pure al più raggiungibile Zappacosta, ma in ogni caso il nuovo arrivato si alternerà con Darmian, uno che della duttilità ha fatto uno stile di vita. La sinistra riaccoglie invece il figliol prodigo Dimarco ma, soprattutto se ci sarà l’addio a Perisic, anche quella fascia risponderà alla stessa logica: nessun intoccabile, alternanza, mescolanza.

Aggressione

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Ogni tanto si è rimproverato all’Inter campione di Italia di essere troppo attendista, come se il 70% di possesso palla concesso al Sassuolo potesse valere di più del 2-1 finale per i nerazzurri a San Siro. In fondo, la scelta contiana era ragionata e vincente: si è rivelata la maniera migliore per scatenare in velocità le palle di cannone della squadra, da Lukaku ad Hakimi. Inzaghi, però, storicamente, porta più su il baricentro: per questo potrebbe nascere una squadra di maggiore possesso. Per fosforo e qualità, Eriksen sarebbe servito a tradurre questa idea in realtà, ma anche Calhanoglu sa far viaggiare velocemente il pallone.

Libertà

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Dall’orchestra all’assolo, dalla sinfonia al jazz: il suono cambia un po’, bisogna solo abituarsi. Nelle idee di Inzaghi, ai giocatori di maggiore qualità è concessa un po’ più di libertà per immaginare la giocata, seguire l’istinto. Non c’è traccia di un Luis Alberto in questa Inter — Calha non ne ha le caratteristiche —, ma con questi nuovi presupposti il tecnico punta a trovare più gol dalla mediana. È in mezzo che deve saltare il tappo, è lì che si devono “liberare” le energie: Vecino, ad esempio, piace per la capacità di inserimento e avrà maggiore spazio. Indirettamente, segnerà pure lui la nuova era: Simone, inclusivo per natura, non vuole lasciare nessuno indietro.

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