La corsa del Milan si ferma contro un grande Torino. Napoli, adesso è fuga vera

I granata mettono k.o. i rossoneri, spenti e spreconi, con un micidiale uno-due in due minuti di Djidji e Miranchuk nel primo tempo. Inutile la rete di Messias (fra le polemiche) nella ripresa

I punti sono tre, ma pesano il triplo. Ivan Juric, confinato in tribuna dall’arbitro Abisso nella ripresa, passa dalla furia alla felicità in poco meno di mezzora. Il tempo, per il Toro, di chiudere l’interminabile recupero che ha messo il sigillo sulla vittoria dei suoi ragazzi contro, rispettivamente: i campioni d’Italia, l’unica squadra in Europa che era ancora imbattuta in trasferta nel 2022, un avversario che arrivava da quattro successi di fila e contro cui l’ultimo gol granata era stato messo a segno a settembre del 2019. Il Torino sgambetta il Milan, ed è uno sgambetto molto pesante. Per la classifica, che adesso vede i rossoneri a meno sei dal Napoli capolista, e la discesa dal secondo al terzo posto proprio nel turno in cui – a parte la Lazio – davanti hanno vinto tutte. E per tutto il resto, perché di questa partita il Diavolo ha poco o nulla da salvare. E’ mancato il gioco, l’organizzazione, la corretta chiave di lettura tattica, i singoli, la capacità di creare pericoli. Non benissimo per essere l’atto che precede la partita di Champions dalla quale il Milan deve strappare il biglietto per la festa delle magnifiche sedici d’Europa. Vola sull’entusiasmo, invece, il Torino. Dopo la vittoria di Udine, un’altra prova di carattere e idee molto chiare.

Le scelte

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Juric, che in settimana ha perso prima Aina e poi Sanabria, si è affidato quasi interamente all’undici che si è imposto a Udine. Uniche differenze: quella obbligata per sostituire Aina – Singo l’ha spuntata su Vojvoda – e Djidji al posto di Zima. Attacco affidato nuovamente all’ex Pellegri, con Miranchuk e Vlasic a supporto, e Radonjic pronto al subentro. Anche Pioli davanti ha confermato le ipotesi della vigilia, con Origi alla seconda uscita di fila in campionato da titolare e Diaz – ristabilito e preferito a De Ketelaere – alle sue spalle. In mediana turno di riposo per Bennacer e dentro Pobega accanto a Tonali, difesa affidata a Gabbia e Tomori con Kalulu terzino destro. La partita è iniziata con una logica di potere: Milan in controllo e Toro arroccato, ma soprattutto Toro imbambolato in mediana. E’ lì, dai territori nel cuore del campo, che nel giro di tre minuti – dal 3’ al 6’ – i ragazzi di Juric hanno gentilmente omaggiato due volte il Diavolo, spianandogli la strada verso la porta. Leao, da gran signore, ha ricambiato il regalo divorandosi entrambe le palle gol servite con i guanti bianchi da Diaz. La prima: un tiraccio al volo in curva. La seconda: il più semplice degli appoggi di piatto, a tu per tu col portiere, ma il pallone gli è incredibilmente sfilato sotto il piede destro. Due palle gol in sei minuti possono significare due cose: una partita a senso unico o la legge del contrappasso. Buona la seconda, e anche in questo caso è stato tutto molto rapido. Ancora più rapido. Due giri di lancetta. Minuto 35: punizione profonda di Lazaro da sinistra e colpo di biliardo con la testa di DjiDji nell’angolino. Tocco pregiato e calcolato col goniometro, grazie anche alla serenità con cui la difesa rossonera gli ha permesso di prendere tempo e misure. Minuto 37: in assenza di Maignan, il lancio illuminante è partito dai piedi di Milinkovic, sponda intelligente di Vlasic per Miranchuk che si è portato a spasso quattro rossoneri e Ha incrociato di sinistro. Tatarusanu – non impeccabile nella reattività – battuto di nuovo e Toro in paradiso.

Patina di incertezza

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Questo per quanto riguarda la cronaca spicciola di un primo tempo in cui un Toro troppo brutto e distratto per essere vero, ci ha messo una ventina di minuti per riorganizzarsi. Una situazione inconsueta, considerando che la fase difensiva di Juric fin qui è stata il piatto forte della casa. I granata hanno preso le misure soprattutto in mediana, dove Tonali e Pobega comandavano su Ricci e Lukic. A metà frazione Ricci ha praticamente cancellato dal campo Diaz, mentre la trequarti granata – fin lì amorfa – ha iniziato a pungere. Un Toro sempre più convinto, bravo a chiudere tutti gli spifferi, nonostante la sgradevole condizione di essersi ritrovato con Schuurs e Buongiorno ammoniti dopo mezzora. Sull’altra sponda il problema del Milan è stato l’incapacità di accendere i trequartisti, e di conseguenza Origi. Anche perché Leao si è intristito oltre ogni ragionevole logica, scomparendo di fatto dal match. Tanto da indurre Pioli a lasciarlo fuori nell’intervallo. Triplice cambio: Rebic per Rafa, Dest per Kalulu e De Ketelaere per Diaz. Risultati? Pochini. CDK non è riuscito a scrollarsi di dosso la patina di incertezza, mentre Dest quanto meno ha aiutato i compagni a salire di qualche metro. Nulla di epocale, comunque. E’ rimasto un Milan incapace di creare pericoli e di dare corpo alla sua qualità. Poche volte, come questa, abbiamo visto un Diavolo che ha faticato così tanto a creare occasioni.

Furia granata

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La possibile svolta per i rossoneri è arrivata a metà ripresa, quando Messias ha sfruttato un’uscita molto avventurosa di Milinkovic, si è liberato di Buongiorno e ha infilato a porta sguarnita con un tocco raffinato. Il problema sta in quel “si è liberato”: ovvero mettendo visibilmente le mani sul corpo del 4 granata, che è finito a terra. Era lecito attendersi un fischio di Abisso, che invece non è arrivato, così come ad Abisso non è arrivata la chiamata del Var. Gol convalidato e Toro furibondo. Juric espulso e partita ovviamente più nervosa e spezzettata, ma di cui il Milan non è comunque riuscito a impadronirsi. Nemmeno dopo l’ingresso di Giroud, andato ad aggiungersi a Origi e Rebic. Juric, dalla tribuna, ha risposto inserendo Karamoh (fuori l’ammonito e nervoso Pellegri) e Rodriguez e il Toro ha retto fino alla fine l’onda d’urto – sui nervi, più che sulla lucidità dei rossoneri. Lucidità che a Milanello, con l’ultimo atto della Champions alle porte, conviene ritrovare in fretta.

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