Kroldrup l’avventuriero: la nuova vita dell’ex Fiorentina con lo zaino in spalla

Dal Giappone alla Mongolia passando per l’Himalaya, in tenda e a dorso di mulo. L’ex calciatore di Udinese e Fiorentina è molto più di un turista: “Voglio conoscere il mondo”

Simone Golia

31 marzo – Milano

Nella sua casa di Copenaghen si sente in gabbia. Il coronavirus gli impedisce di uscire e allora Per Kroldrup passa il tempo a leggere le oltre quattromila pagine de La mia battaglia, romanzo ciclopico di Karl Ove Knausgard. Impegnativo, ma non per chi si è divorato Dostoevskij, Hemingway, Tolstoj e Honoré de Balzac. Fra un capitolo e l’altro suona la chitarra, ascolta i Pink Floyd e i Rolling Stones ma, soprattutto, programma il prossimo viaggio.

Si è specializzato nelle immersioni e vorrebbe tuffarsi nelle acque del Sudan: “Prima però mi vaccino, da noi c’è grande fiducia nelle autorità sanitarie”, racconta l’ex difensore di Udinese, Fiorentina e Pescara. Per ha iniziato col tennis e ha preso la patente per la moto, concedendosi in estate un bel tour della Norvegia. Il desiderio post Covid è uno solo: riprendere a girare il mondo, come fa da quando si è ritirato, nel 2014: “Questo è stato il primo inverno che ho passato a casa”, scherza. “È tosta da sopportare. È sempre buio, il sole sparisce alle 15, le strade sono tristi”.

in bici coi veterani

—  

Zaino in spalla e via. Prima del virus, Per se la cavava così: “Facevo un paio di viaggi all’anno di due o tre mesi ciascuno. Partivo a ottobre e tornavo a casa per Natale, in Primavera il bis. Ho iniziato pure a sciare, spesso mi dividevo fra Cervinia e Canazei”. In Giappone è andato in pellegrinaggio sul Kumano Kodo, in Perù ha raggiunto Machu Picchu percorrendo l’Inca Trail. In Antartide ha ammirato le calotte di ghiaccio in kayak: “Ma ho fatto un bel giro anche in Bhutan, sull’Himalaya. Un’esperienza incredibile. In Mongolia ho trascorso otto giorni a cavallo con una guida che parlava solo la propria lingua. Abbiamo dormito in tenda insieme alla gente del posto. Ora vorrei visitare l’Africa. Il mondo è grande, non mi stancherò mai di scoprirlo”.

a piedi e in bici

—  

Una seconda vita fatta di chilometri. Percorsi a piedi e in bici: “Un paio di volte al mese pedalo con dei veterani di guerra. Persone che hanno visto cose tremende e che mi hanno raccontato tutte le difficoltà affrontate una volta a casa”. Da bambino a Farso, contea del Viborg, Per giocava a calcio senza trascurare l’hockey quando il lago vicino si ghiacciava. Ha iniziato ad ammirare l’Italia a fine Anni 80, con le prime partite dell’idolo Laudrup trasmesse sulla tv danese. In Serie A è arrivato nel 2001, poco più che ventenne: “Vedevo il calcio come un gioco. All’Udinese ho capito che in realtà era un lavoro. Arrivai insieme ad altri 15 giocatori, in ritiro ci presentammo in 40. Farsi notare era una battaglia”. Hodgson lo fece esordire alla prima giornata, poi lo dimenticò fino all’esonero. A ridargli fiducia ecco Ventura. Infine la consacrazione con Spalletti: “Era tosto ma onesto. Il martedì c’era sempre una lunga sessione video in cui urlava. Poteva prendersela con un ragazzino come me, ma anche con Muzzi, che era la stella della squadra. Mi ha insegnato tanto. Mi auguro trovi presto un’altra panchina. La sua Roma giocava un calcio incredibile”.

in viola

—  

Nel 2005 sei mesi bruttissimi all’Everton, poi la Fiorentina: “Lì ho lasciato tanti amici, ci sono tornato spesso. Amo passeggiare davanti alla Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria»” Il ricordo più bello e quello più brutto coincidono: “La Champions del 2009-2010. Bellissimo vincere il girone davanti a squadroni come Liverpool e Lione. Poi agli ottavi la grande delusione con il Bayern, il clamoroso fuorigioco di Klose non fischiato, la dubbia espulsione di Gobbi e la perla di Robben nel ritorno. Stavamo passando noi, lui si inventò una magia”.

il loco vargas

—  

Pizarro, Mutu, Toni: “Ma il compagno più forte è stato Nestor Sensini. Aveva giocato con Maradona, mi raccontava storie bellissime”. Manuel Vargas il più pazzo: “Che loco! Qualche anno fa sono andato a trovarlo a Lima. Giocava ancora, ma aveva messo su qualche chilo”. Per ora studia da allenatore, ma nessuna fretta: “Il calcio mi manca, però quando giocavo mi mancava la libertà di poter girare. La vita è questa, non si può avere tutto. Bisogna fare delle scelte. Oggi gioco l’Old Boys, un torneo danese di calcio a 11 per chi ha almeno 32 anni. Sempre in difesa, ovviamente. Ma sogno di ripartire presto”.

Precedente DIRETTA/ Hapoel Holon Brindisi (risultato finale 81-79) streaming: Harris 24 punti Successivo Il dilemma di Donnarumma: tre ragioni per restare al Milan

Lascia un commento