Karamoko racconta la sua tragedia: “Mio fratello morto in mare”

ROMA “Su quella barca potevano starci 60 persone, ma noi eravamo in 143. Era piena, non ci stavamo, ma chi aveva organizzato il viaggio era armato e ci ha spinto a forza tutti dentro. Non c’era spazio per muoversi”. Il calciatore Cherif Karamoko, che ha debuttato nel 2019 in serie B nel Padova, ha raccontato la propria tragica esperienza (raccolta nell’autobiografia “Salvati tu che hai un sogno”), a Verissimo in tv. Il ragazzo ha ricordato la propria fuga attraverso il deserto per fuggire dalla Guinea e raggiungere Tripoli, tra prigionie e torture. Nel 2017, poi la partenza con il fratello su un barcone affondato nel Mediterraneo. “Una notte, abbiamo iniziato ad imbarcare acqua – racconta Karamoko – A quel punto è nata una battaglia disperata per accaparrarsi i salvagenti, che erano pochissimi rispetto a quanti eravamo. La gente urlava e non si capiva niente”. Nel naufragio Karamoko ha perso il fratello “Quando la barca è affondata ci siamo aggrappati ad alcuni pezzi dell’imbarcazione. Ero senza forze, faceva freddissimo e avevo bevuto un sacco di benzina. All’improvviso mio fratello mi ha allungato un salvagente e mi ha detto di tenere duro, che sarebbe arrivata la nave italiana a salvarci. Mi ha detto di salvarmi perché dovevo giocare a calcio. Lui era al mio fianco e non mi sono accorto quando è scomparso nelle onde. Sono svenuto e mi sono risvegliato in ospedale in Italia”

Sogno da realizzare

“Ancora oggi non credo a quello che è successo. Forse si trova da qualche parte in Italia o è in Libia, non lo so. Quando eravamo a Tripoli mi diceva di guardare le luci in fondo al mare, che lì c’era l’Italia, il posto dove avrei potuto realizzare il mio sogno”. Sogno che si è concretizzato in Italia dove Karamoko è diventato un calciatore professionista, anche se al momento fermo per la scadenza del permesso di soggiorno: “Ora mi stanno aiutando per rinnovarlo e poter continuare a giocare. Sono sicuro che riuscirò a diventare un grande calciatore”.

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