Kakà, Romario, Tevez, Buffon: quando il campione torna dov’era partito

Quando il Campione torna da dove era partito porta con sé un carico di gloria e di passato da cui – quasi sempre – vuole liberarsi, per trovare finalmente la leggerezza dell’inizio, di quando tutto doveva ancora accadere e i traguardi che immaginava avevano la forma dei sogni. Ventisei anni dopo, Gigi Buffon a Parma. Superman è tornato. E a 43 anni non si è stancato di mettersi in gioco e tuffarsi da un palo all’altro, magari per agguantare l’ultimo dei sogni: il 6° Mondiale, in Qatar, il prossimo inverno. 

La storia del calcio – prima di Buffon – ha già conosciuto svariati campioni o onesti mestieranti che arrivati al tramonto della carriera si sono voltati e sono ritornati verso casa. Perché certe carriere sono cerchi che si chiudono, punti tra passato e presente che coincidono. Quella di Carlitos Tevez è stata una scelta di cuore. Aveva lasciato il Boca a vent’anni, ci è tornato a 31, dopo tre lustri di professionismo sparsi per il mondo. E’ ripartito, alla volta della Cina, per grattare via ancora un ingaggio dorato, salvo tornare alla base dopo un anno – con il malloppo – per chiudere definitivamente la carriera con gli Xeneizes. Al Boca – la squadra dei suoi sogni di bambino – era tornato anche Diego Armando Maradona, apparso una prima volta nel 1982 e riapparso nel 1995 alla Bombonera, per l’ultima passerella prima di tirare giù il sipario. Un altro centravanti – El Niño Torres – ha l’anima Colchonero: Atletico Madrid all’inizio e alla fine, per dare un senso a tutto. 

Spillo Altobelli – centravanti dell’Inter e della Nazionale – ha lasciato una traccia indelebile negli anni 70 e 80. Si era messo in luce giovanissimo a Brescia, che ha sempre considerato – lui è nato a Sonnino, Latina – la sua città adottiva. E a Brescia è tornato per chiudere la carriera, ancora una volta nel segno del gol. Molto divertente il continuo «toccata e fuga» di Romario con il Vasco da Gama. Cresciuto nelle giovanili del Vasco, Romario debuttò in prima squadra a 19 anni, vi rimase fino ai 22, tornò una prima volta a 33 anni per rimanerci fino ai 36. Finita? Macchè. Altro giro in giostra, altra ripartenza. Di nuovo un ritorno alla bella età di 39 anni. Non era finita, e non era finito lui (che quell’anno segnò 22 gol). Romario – giurando ogni volta il suo amore per il Vasco – ripartì e ritornò un’ultima volta a 42 anni. Fenomeno vero, «O Baixiñho». 

Kakà – dopo undici anni in Europa tra Milan e Real Madrid – ha rifatto la valigia per tornarsene a casa, al San Paolo. C’è un filo sentimentale che lega i percorsi di certi fuoriclasse. Come Shevchenko. Prima e ultima squadra Dinamo Kiev, in mezzo un decennio tra Milan e Chelsea. Emblematica la storia di Allan Simonsen, stella danese degli anni 70, vincitore del Pallone d’Oro nel 1977. Prima di andare a far fortuna in Europa con le maglie di Borussia Mönchengladbach, Barcellona e Charlton, aveva tirato in primi calci nel Vejle, il club della città dov’era nato. Ci tornò nel 1983, per l’ultimo scatto di carriera. Lungo, peraltro: sei stagioni da protagonista, giocando con i vecchi amici. 

In tempi lontanissimi fece notizia il clamoroso ritorno di Pepin Meazza all’Inter. Se n’era andato nel 1940, a trent’anni. Aveva girato l’Italia: Milan, Juve, Varese, Atalanta. Per poi riprendere la via di casa nel 1946, a 36 anni, giusto in tempo per scendere di nuovo in campo e tirare fuori dai guai la sua amata squadra, a conferma che certi campioni si vedono nel momento del bisogno.

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