Juve, uomini e topiche

A un quarto d’ora dalla fine Napoli e Juve erano sull’1-1, il prodotto, in fondo, di due topiche individuali. La prima di Manolas, sfruttata da Morata, la seconda di Szczesny (il pari di Politano) che sta diventando un problema molto serio per Allegri. E poi è entrato Kean e il bordocampista di Dazn ci ha raccontato che gli ultimi a incoraggiarlo erano stati Pinsoglio e Perin. Uno dei due portieri gli aveva raccomandato – testuale – «di evitare il doppio passo e di tirare rasoterra». Il guaio è che non aveva indicato in quale porta. La butto sul ridere perché non saprei come descrivere diversamente quello che ho – e abbiamo – visto: dall’angolo Zielinski, Kean ha colpito con la testa e mezza spalla – tradita anche l’indicazione del rasoterra – verso la porta sbagliata, quasi che stesse pensando di trovarsi a pochi metri da Ospina. Sorpresissimo Szczesny, che è riuscito a toccare il pallone, ma non ha potuto evitare il tap in di Koulibaly.

Episodi e disgrazie a parte, il Napoli ha meritato la vittoria perché ci ha provato seriamente e con continuità, in particolare nel secondo tempo, pur senza rinunciare a qualche lentezza di troppo in fase di costruzione, di palleggio. La Juve dei survivor si è difesa, limitandosi ad alcune ripartenze di Kulusevski, Bernardeschi e Morata, ed è perfino riuscita a favorire la propria sconfitta. Non riesco ad attribuire colpe particolari ad Allegri, forse solo il peccato originale (la decisione di tornare dove aveva stravinto) poiché tra la prima e la terza uscita ha perso 7 titolari: soltanto il portiere, Bonucci, Bernardeschi e Morata, tra gli undici impiegati al Maradona, facevano parte della formazione di Udine.

Per la seconda volta negli ultimi 52 anni la Juve non ha vinto una delle prime tre partite della stagione. Adesso è – di conseguenza – a meno 8 dal vertice: e dei cinque gol che ha fin qui subìto, quattro se li è peraltro fatti da sola. La squadra ha mostrato un’immagine sbiadita di sé: è apparsa visibilmente impoverita, applicata ma del tutto priva di qualità e dei contenuti che le abbiamo per anni riconosciuto (la maglia pesava oltremodo sulle spalle di De Sciglio, Pellegrini e McKennie, dominati da un disagio palpabile ma comprensibile). Di sicuro non la rivedremo più nella stessa composizione, ovvero altrettanto irreale, perché Allegri recupererà Cuadrado, Alex Sandro, il vero De Ligt, Dybala, Bentancur, Danilo e Chiesa.

Del Napoli mi è piaciuto un sacco Anguissa, oltre a Koulibaly. Il camerunese, all’esordio, è sempre stato dentro la partita: sa recuperare e cucire, cambiare e rischiare, ha personalità, visione panoramica ed è decisamente meno dispersivo e fallace del Bakayoko di Gattuso, del quale ha ereditato posizione e compiti.

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