Juve, una provinciale non ancora di lusso

Avete presenti le cose scritte e ascoltate, gli appunti – perlopiù condivisibili – mossi alla Juve del derby? Non è passato troppo tempo, era soltanto sabato scorso. E i primi dubbi su Vlahovic derivati dalla sua incapacità di uscire dalla marcatura di Bremer? E le parole di Allegri, poi? «Dusan era un po’ appannato, deve crescere e imparare a giocare in una grande squadra». Per non parlare della difesa più raffazzonata dell’anno a causa di infortuni, ritardi di condizione e squalifiche. Tre giorni dopo, quantomeno nel primo tempo, ecco un’altra Juve, un altro Vlahovic, ma anche un altro Morata e un McKennie che a questo punto diventa indispensabile, essendo il centrocampista più rapido della squadra, l’unico realmente da corsa: non sarà disciplinato, non è tatticamente inquadrabile, ma ha tempi d’inserimento e strappi che i compagni se li sognano.
Alla Juve del derby siamo tornati parzialmente nella ripresa – altro il contesto, tuttavia – quando il Villarreal ha preso in mano la partita accorciando le distanze, rinunciando al pressing e investendo sugli errori in uscita della formazione di Allegri. Che non sono mancati.
La cazzata più grossa l’ha fatta però Rabiot perdendosi Parejo che ha così potuto sfruttare l’invito di Capoue e pareggiare. Rabiot si è poi superato con un intervento da rosso su Chukwueze che tanto l’arbitro quanto il Var hanno incredibilmente giudicato da ammonizione.
Della Juve mi sono piaciuti lo spirito di sacrificio – da provinciale non ancora di lusso, se volete – e la capacità di affrontare con coraggio i momenti di difficoltà che non sono mancati. La squadra sembra consapevole dei propri limiti (è fin troppo lineare e prevedibile) ma non delle proprie effettive potenzialità: resto dell’idea che l’unico in grado di accendere la luce sia Dybala.

Quando il Djoko si fa duro

Se uno dice bianco, l’altro dice nero. Se uno apre gli Internazionali d’Italia a “Novax” Djokovic, l’altro rientra dalla Cina – con furore, naturalmente – e li chiude. Il sottosegretario con delega allo sport Valentina Vezzali e il presidente Giovanni Malagò proprio non si prendono: questione di sovrapposizioni e invasioni assai sgradite al secondo. E così ieri ad Agorà, su Raitre, Malagò si è tolto il sassolino: «Se è giusto che Djokovic partecipi agli Internazionali a Roma? Assolutamente no. Perché, ammesso e non concesso che uno si faccia la doccia in un camper, mangi e dorma da solo e in situazioni di fortuna, il messaggio è sbagliatissimo. Il punto centrale è che bisognerà vedere cosa succederà da qui a maggio, e io spero che la situazione migliori e ci sia la possibilità non solo di vedere Djokovic, ma anche di tornare a fare attività sportiva. Io ricevo decine di mail ogni giorno di mamme e papà imbufaliti perché i figli che non hanno il green pass non possono fare sport. Spiegatemi perché invece un campione nella stessa condizione lo può fare».
Nel caso specifico la ragione è di Malagò che deve tuttavia ringraziare Vezzali: in poco tempo l’ex campionessa di scherma è riuscita a compiere il miracolo di riavvicinare il presidente del Coni al numero uno della Figc Gravina e a quello della federbasket Petrucci. I quali hanno un debole per tutto quello che crea autonomia.

Vlahovic segna ma non basta: 1-1 per la Juve in casa del Villarreal

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