Juve, se quell’abbraccio non è ipocrita…

Se il derby fosse una sonda spaziale, invierebbe timidi segnali di vita agonistica dal pianeta Juve. Non è sufficiente per usare parole come svolta o resurrezione, solo dei piccoli bip per constatare lievi progressi rispetto alla sconfitta contro il Maccabi Haifa. Vero, fare peggio era forse più difficile, ma sarebbe ingiusto non constatare che ieri la Juventus non si è mai abbassata, ha provato…

Vero, fare peggio era forse più difficile, ma sarebbe ingiusto non constatare che ieri la Juventus non si è mai abbassata, ha provato (riuscendoci in buon numero di casi) a recuperare subito la palla, è rimasta in partita fino al termine, è parsa concentrata e determinata. Il minimo sindacale che l’orgoglio e l’amor proprio deve garantire, ma un minimo che ha consentito di vincere il derby e, chissà, ritrovare un po’ di compattezza.
Se quel grande abbraccio collettivo non è ipocrita simulazione, ma un principio di ricostruzione di un gruppo, nel derby la Juventus ha gettato un seme, che dovrà crescere nelle prossime otto partite, quelle che la separano dalla sosta Mondiale e dal primo severo bilancio per tecnico e giocatori. In campo si è parsa irrobustita la leadership di Danilo (coincisa con la panchina di Bonucci che si presta a molteplici letture) e non ci sono stati gli alterchi di Haifa. La Juventus nel prossimo mese non ha il tempo materiale per migliorare la condizione atletica e giusto qualche ritaglio di allenamento per sistemare la questione tattica. L’unica speranza per risollevarsi è ritrovare la compattezza morale e caratteriale del gruppo: ieri è scoccata una scintilla, se divamperà in spirito di squadra, la crisi farà meno paura.

Perché – attenzione! – la Juventus è stata lenta e ancora impacciata nello sviluppo della manovra, imprecisa nei passaggi e nei cross, poco incisiva dalla trequarti in su. Tuttavia l’attitudine al sacrificio dei singoli ha dato la sensazione di una maggiore coesione di squadra. Mai Vlahovic si era reso così disponibile a fare da sponda, prestandosi anche al rientro per aumentare la densità a centrocampo. E il centrocampo è parso avere una logica. Una logica da mediani, per carità, ma una logica per la quale ognuno ha avuto la forza fisica e mentale di tenere la posizione. Ed è interessante la posizione di Kostic, a tutta fascia nel 3-5-2, dove si esprime in modo più efficace con naturale predisposizione alla fatica. Mattoncini che, essi insieme, hanno prodotto la vittoria. Sì, è stato il derby più brutto degli ultimi anni e contro un Toro più remissivo del previsto, ma chissà che l’atteggiamento più sottomesso dei granata non sia dovuto anche all’approccio più solido dei bianconeri.

La Juve dopo il derby: ecco cosa è piaciuto della prova dei bianconeri

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