Juve, le benedette di Andrea Pirlo

All’altro Andrea (Agnelli) vincere sembra non bastare più: salutò Allegri dopo il quinto scudetto personale, oltretutto consecutivo, Sarri dopo il nono di fila per il club, e tra pochi giorni potrebbe – ripeto, potrebbe: ora non ho più certezze – chiudere con l’amico Pirlo che nella stagione dell’esordio ha portato a casa non uno, ma due “tituli”, e rischia di riagguantare in extremis il posto Champions.

Una Supercoppa Italia e una coppa nazionale, trofei che a un’altra società renderebbero indimenticabile una stagione, per la Juve sono dei dippiù. Sono curioso di verificare gli effetti che questo successo produrrà sui destini dell’allenatore, 42 anni proprio ieri, e della squadra, che alla fine si è fatta abbracciare da Gigi Buffon. Un saluto, questo sì, definitivo, storico ma pieno di gioia e sorrisi.

I tifosi, i cori, le proteste, il nostro calcio riconoscibilissimo e insieme diverso da quello al quale ci siamo dovuti abituare per oltre un anno. Successone: non potevo non dedicare qualche riga alla più importante e invocata delle novità. È stato emozionante come guadagnare un altro grammo di libertà. E, dentro la serata, la finale di coppa Italia, assai piacevole, nella quale sono stati rispettati il momento e la condizione delle squadre: l’Atalanta ha mostrato le sue vertigini, la Juve la sua attuale complessità, il peso dell’esperienza, ma anche le difficoltà riassumibili nell’accettazione da parte di Ronaldo del ruolo di punta centrale, una posizione che aveva tenuto ma non gradito con la nazionale agli ultimi Mondiali: potete raccontarmi che Cristiano si muove free to go, quando però Sarri gli propose questa variabile, incontrò una convinta opposizione.

Pirlo non si è posto il problema della ripetizione: subito fuori Dybala o Morata e dentro Kulusevski, tra i migliori, nei territori solitamente battuti dall’argentino quando invece dovrebbe giocare dentro il campo. Juve in contropiede per tutto il primo tempo. E in contropiede ha trovato alla prima occasione un gol bello, ma irregolare: prezioso il tocco dello svedese, che ha ricordato la sua prima prodezza juventina, con la Samp. Eppure irregolare – dicevo – poiché viziato da un’entrata da ammonizione di Cuadrado su Gosens sulla quale anche il “varista” Valeri ha preferito soprassedere. Continuando a far gioco, a ritmi in alcuni momenti impressionanti, l’Atalanta – che nei primi minuti non aveva ottenuto il rigore per un intervento di Rabiot su Pessina – ha pareggiato con Malinovskyi, episodio peraltro accompagnato dalle proteste della Juve per un precedente contatto Freuler-Rabiot. Le cose sono decisamente cambiate nella ripresa quando la Juve, più attenta a non lasciarsi ingabbiare da Gasperini, ha alzato il pressing riuscendo a mettere in difficoltà per almeno tre volte l’Atalanta: propedeutico il palo di Chiesa. Nella terza occasione è arrivato il 2-1, di Chiesa, appunto, che un istante dopo è stato sostituito da Dybala. Ora il leitmotiv è «io Pirlo l’ho sempre difeso». W l’Italia. 

Pirlo si conferma e punta l'Inter: "Supercoppa? Non vedo l'ora"

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