Juve, la vera sfida è l’equilibrio finanziario

Con l’insediamento del nuovo CdA, le strade tra vecchi e nuovi amministratori della Juve si separano. Il vertice della gestione Agnelli si difenderà dalle accuse mosse dalla procura nel dossier Prisma (false comunicazioni sociali, ostacolo alla vigilanza e altri capi di imputazione) in un processo che inizierà con l’udienza preliminare del 27 marzo. I nuovi amministratori dovranno invece pensare al futuro del club. Raccolgono l’eredità di una gestione vincente sul piano sportivo ma non in grado di replicare i successi negli ultimi anni: un progetto tecnico quindi da rilanciare. Gli ultimi due quarti posti, l’attuale posizione di rincorsa e l’eliminazione dai gironi di Champions non sono certo soddisfacenti per le attese del club e dei suoi tifosi.

Assemblea Juve: il nuovo Cda e il saluto di Agnelli e Nedved

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Cammino in salita

Ma anche sul piano economico, il cammino è in salita. Con 403 milioni di ricavi, la Juve resta il primo club italiano con distacco sulle dirette concorrenti (334 l’Inter, 290 il Milan) ma l’andamento economico resta squilibrato per l’incidenza dei costi, soprattutto, per la gestione della rosa. 484 milioni nell’ultimo bilancio per stipendi e ammortamenti quindi largamente superiore ai ricavi. La Juve ha aderito al settlement agreement con l’Uefa, ma il traguardo del nuovo Fair Play Finanziario (costi della rosa inferiori al 70% dei ricavi) resta irraggiungibile: oggi siamo al 120%.
Sarà difficile spingere al rialzo la barra dei ricavi. Il botteghino è risalito a metà dei livelli massimi (32 milioni nel 2021/22, 70 l’ultimo anno pre-Covid) ma la possibilità di incrementarli sembra limitata dal difficile momento di una squadra a cui manca il richiamo degli anni passati e l’uscita dalla Champions ovviamente non aiuta. I ricavi commerciali – l’unica leva con cui un club può puntare a una crescita significativa – furono spinti al massimo coi rinnovi degli sponsor (Jeep, Adidas, Allianz) sull’onda di Ronaldo. Difficile che l’appeal commerciale superi domani quelle stagioni fastose. Se in Italia la concorrenza langue, la testa del gruppo europeo resta lontanissima: nell’ultimo rapporto KPMG, City e Real Madrid viaggiano su fatturati quasi doppi, oltre 700 milioni, il Bayern 670.

Nedved: il ringraziamento alla famiglia Agnelli

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La sfida del nuovo CdA

Coi suoi 403 milioni, fermi da anni, la Juve resta in un gruppo intermedio: nel guado in cui si trovava prima di acquistare CR7 e da cui sperava di uscire con la spinta del portoghese. Il nuovo CdA dovrà quindi mettere mano ai costi, ma non è facile. Negli ultimi anni, i segnali sono stati erratici. Mentre si dichiarava l’obiettivo di pareggiare i conti, si spendeva con la destra quanto si risparmiava con la sinistra. Il divorzio da CR7 ha abbattuto una struttura di spese paurosa ma 90 milioni sono stati spesi per Vlahovic. La spesa per il serbo è stata in parte coperta dalle partenze di Kulusewski e Bentancur ma il concetto, per un’azienda che risana il bilancio, dovrebbe essere destinare i risparmi alla riduzione della perdita anziché che a nuove spese con ammortamenti e ingaggi molto alti in futuro. Lo stesso è accaduto con la cessione di De Ligt, servita a finanziare Bremer e gli ingaggi di Pogba, Di Maria e Paredes. Anche la guida tecnica è in discussione a giorni alterni ma il club resta prigioniero del contratto oneroso con Allegri. Oltre al futuro, i nuovi vertici bianconeri dovranno gestire il processo sportivo che si aprirà dopo la richiesta della procura federale da cui possono arrivare penalizzazioni sportive che avrebbero conseguenze economiche, così come dall’Uefa potrebbero arrivare sanzioni costose. Tutto ciò rende il quadro ancora più incerto e riduce i margini di manovra del nuovo management.

Agnelli: “Ho deciso io di fare un passo indietro. Con Elkann rapporto solido”

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