«Guess who’s back?», scandisce con pronuncia non proprio oxfordiana Mattia Perin, rivolto alle telecamere che inquadrano l’ingresso in campo dei giocatori bianconeri per l’allenamento. “Indovinate chi è tornato?”. «È Dusanoneee!», risponde Manuel Locatelli a fianco del portiere, che chiude con «Welcome back bratko (fratello, in serbo, ndr)». E poi arriva lui, Dusan Vlahovic al primo allenamento della nuova stagione: «Buongiorno bianconeri! Mille grazie a tutti voi! E a Mattia!». Un siparietto che, assieme al calore con cui i tifosi avevano accolto DV9 al mattino al J Medical, chiedendogli pure la Champions, descrive bene la ventata d’entusiasmo portata da Vlahovic in un ritiro bianconero che sprizzava già carica positiva. Un entusiasmo direttamente proporzionale alla fiducia che il mondo juventino, dai compagni ai tifosi passando per allenatore e società, ripone nel centravanti serbo. Deciso a ricambiarla. Così deciso da essersi presentato in anticipo alla Continassa, interrompendo le vacanze a Ibiza durante le quali ha smaltito la cocente delusione dell’Europeo – Serbia eliminata agli ottavi e zero gol per lui – ma si è anche allenato con un personal trainer per presentarsi già tirato a lucido a Thiago Motta.
Nuova Juve, Vlahovic un pilastro
Del « nuovo ciclo » citato dal tecnico giovedì durante la propria presentazione, Vlahovic dovrà essere uno dei pilastri, se non la stella. Lo impongono il suo potenziale e l’investimento fatto dalla Juventus su di lui, che nelle prossime due stagioni gli frutterà un ingaggio in doppia cifra, 10 e poi 12 milioni netti. Cresciuto costantemente dal suo arrivo nel gennaio 2022, soprattutto nella gestione del pallone e nella varietà dei colpi (ha segnato più gol di destro nell’ultimo campionato, 5, che nei quattro precedenti, 3), Vlahovic nell’ultima stagione quel ruolo è riuscito a incarnarlo a tratti, alternando fasi da trascinatore a periodi opachi, grandi giocate a errori grossolani. Trovare continuità nell’eccellenza, sarà il suo obiettivo, il salto di qualità che potrà farlo salire davvero al livello degli attaccanti migliori d’Europa. Per riuscirci potrà contare su quel gioco più offensivo il cui supporto secondo molti gli è mancato, ma dovrà pure aggiungerci del suo perché nello scorso campionato la squadra lo aveva messo in condizione di tirare dall’interno dell’area 2,5 volte a partita, meno solo di Osimhen (3,2) e Lautaro (2,7).
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