Juve, cosa resta di Berlino Solo 3 reduci della finale

C’è un altro clima, un’atmosfera diversa ma soprattutto un’altra Juventus. Esattamente 500 giorni fa, la Signora giocò a Berlino l’ultima finale di Champions. “Era il 6 giugno, sono passati un anno e 5 mesi”, sospira Massimiliano Allegri, colui che rese possibile il piccolo miracolo: il brutto anatroccolo d’Europa trasformato improvvisamente in cigno, fermato solo dal Barcellona. Da allora la Juventus ha cambiato 16 giocatori, ma non ha spostato l’obiettivo: anzi, la nuova rosa è stata costruita proprio in funzione della Coppa: quella finale raggiunta a sorpresa è stata la scintilla che ha acceso gli entusiasmi, la ritrovata consapevolezza di poter competere con le grandi.

Leonardo Bonucci è uno dei reduci della finale di Champions contro il Barcellona. Epa

Leonardo Bonucci è uno dei reduci della finale di Champions contro il Barcellona. Epa

l’attacco fa la differenza — Stasera a Lione della Juventus che uscì sconfitta dallo stadio di Berlino nell’undici iniziale ci saranno tre, al massimo quattro giocatori. È rimasta intoccabile la vecchia guardia italiana (Buffon, Barzagli e Bonucci, più Chiellini che anche per la finale era indisponibile), sulle fasce Lichtsteiner ha perso persino il posto in lista mentre Evra viene spesso scavalcato da Alex Sandro, a centrocampo c’è stata la rivoluzione e in attacco non c’è alcun reduce della finale. Non c’è altra pretendente al trono che abbia modificato così profondamente la sua ossatura, solo il City sta cambiando molto con l’arrivo di Guardiola, ma non ai livelli dei bianconeri. Però, Juve e Barcellona a parte, le altre hanno un nuovo allenatore. In due anni a Vinovo sono cambiati tanti giocatori, ma è diversa soprattutto la struttura della squadra. Prima la Juve, anche se sempre caratterizzata da una difesa imperforabile, aveva nel centrocampo il suo reparto-guida: c’erano Pirlo, Vidal, Pogba e Marchisio. È rimasto solo il Principino, che però non è ancora rientrato dopo l’infortunio. Il nuovo centrocampo è in costruzione e, ferma restando una difesa sempre molto affidabile, la Juventus ha due punte in grado di fare la differenza come reparto ma anche individualmente: Higuain e Dybala rappresentano un passo avanti nella continua rincorsa ai top club europei. E poi l’ampiezza della rosa consente di cercare soluzioni diverse per innescarli: dalle fasce (Dani Alves-Cuadrado o Alex Sandro-Evra), dal centro (Pjanic), con un’altra punta (Pjaca).

più soluzioni — Nel suo primo anno bianconero Allegri sganciò la Juve dal calcio iper-organizzato di Conte e cercò di spingere i giocatori a cercare autonomamente le soluzioni migliori in campo. Adesso questo aspetto viene ulteriormente esasperato anche per sfruttare meglio gli errori altrui: con due attaccanti così bravi e letali bisogna saper colpire quando l’avversario concede l’occasione. Ecco perché questa può essere l’arma in più della Juve nella sempre complicatissima sfida ai grandi club che inseguono la Champions: tutti sanno che i bianconeri sanno difendersi bene, ma ancora non hanno capito che possono segnare in modi diversi, con tanti giocatori (7 finora, in attesa dei primi centri di Mandzukic, Pjaca e Cuadrado) e perfino in momenti della gara in cui sembrano in difficoltà o inoffensivi.
modulo e bel gioco — «Sarei orgoglioso di passare il turno perché sarebbe il settimo anno che centro questo obiettivo con le mie squadre, tra Milan e Juventus — dice Allegri —. A livello europeo per questa squadra c’è stata una crescita costante, abbiamo cambiato 10 giocatori nel 2015-16 e 6 quest’estate e questo mi dà molti stimoli: devo lavorare per dare alla squadra una nuova organizzazione. Fortunatamente la società mi ha messo a disposizione giocatori di spessore». La Juve di Berlino giocava con il 4-3-1-2, quella di adesso è tornata al 3-5-2, ma il tecnico la considera solo una fase di passaggio: «Stiamo lavorando per cambiare le cose ma più che altro nel modo di giocare. Il sistema di gioco per me è relativo». Lavori in corso, come dimostra anche il 4-4-2 visto a tratti nell’ultima con l’Udinese, quando la Juve ha vinto ma non ha dato spettacolo. Allegri sta cercando di costruire una squadra dai mille volti, che sia sempre in grado di sorprendere gli avversari, ed è consapevole che servirà ancora un po’ di tempo. «Non mi disturba affatto che si dica che le altre giocano bene e la Juve no , in campionato difficilmente vince chi gioca male per 38 partite. Alla fine conta solo l’albo d’oro. Ci sono delle squadre che giocano molto bene, come il Napoli, il Milan e la Roma. La Juve ha le sue caratteristiche tecniche e caratteriali e con queste dobbiamo cercare di arrivare in fondo in tutte le competizioni. Noi lavoriamo per giocare meglio. I ragazzi hanno fatto 7 vittorie su 8, perdendo solo con l’Inter, ora l’importante è proseguire in Champions». Possibilmente fino a Cardiff, dove il 3 giugno si giocherà la prossima finale.

dalla nostra inviata Fabiana Della Valle 

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