Acquisto costoso di un’Inter sbagliata, flop nerazzurro a 23 anni e ora riciclatosi come perno del Benfica, la sua tripletta pareva quasi una resa dei conti. Ma poi…
La vendetta è un Pastéis de bacalhau da consumare freddo, preferibilmente in una notte portoghese di un cupo fine novembre, citofonare João Mário Naval da Costa Eduardo, meglio noto come João Mário. Ieri sera al Da Luz gli rideva anche l’ombelico. Uno, due, tre. Tripletta. Il tabellone all’intervallo avrebbe potuto recitare: Joao Mario-Inter B 3-0. Poi è stata un’altra storia, tanto che alla fine Benfica-Inter B ha consegnato il 3-3 ai posteri. Al Benfica servivano i punti per puntare al ripescaggio in Europa League (mmm, obiettivo fallito), a Joao Mario servivano i punti per suturare la ferita del passato, ricucirla, darle una forma e trattarla per quello che è: un ricordo. Tre gol come mai in carriera per togliersi lo sfizio e pure svariate pietre, altro che sassolini. Bocciato all’Inter (“Milano che fatica”, cit. Lucio Dalla), risorto al Benfica. Joao Mario non ha solo vinto (da solo) la partita, l’ha ipnotizzata, soggiogata, piegata al proprio volere, ridotta in schiavitù, quindi abbandonata al proprio destino. Il suo compito l’aveva portato a termine. E senza alcun spargimento di sudore. In scioltezza, manco fosse un allenamento. Soddisfazioni da ex.