Italia-Svizzera, nel bunker di Spalletti: allenamenti blindati e tutti i retroscena

ISERLOHN (Germania) – Più che un topino, salta fuori uno stambecco dalle fratte della foresta di Iserlohn e non spiffera la formazione. Il sole picchia forte alle sei del pomeriggio. Allenamento spostato in avanti di un’ora per allentare la morsa del caldo. Pochi giorni fa sembrava inverno. Ora il termometro supera i trenta gradi. Estate piena, umidità altissima. L’Hemberg Stadion, coperto dagli alberi e dai teloni, è inavvicinabile. Le guardie del fortino, dopo un giorno di vacanza, sono tornate a presidiare il campo. Sbarramento tedesco lungo il sentiero. Non si molla di un centimetro. Un faticoso aggiramento a piedi, transitando tra una semina di piccoli abeti, ci premia e ci porta a un passo dalla rete di recinzione. Si sente forte la voce di Lucio. «Chiesa, vai dentro». Un indizio. Fede piazzato nel “mezzo spazio” di sinistra. Eccoli, davanti a noi, i giocatori. Bellanova, con il fratino giallo, largo sulla fascia destra. Darmian, pettorina blu, è il suo contraltare. Fa il Dimarco, fermo ai box per riassorbire il trauma al polpaccio, non ancora riassorbito. Allenamento differenziato, va considerato almeno sotto osservazione. L’illusione dura poco. Gli occhi si allungano su uno spicchio di campo un attimo prima di essere beccati e respinti con gravi perdite. Si ripiega al Media Center con una sola certezza: Spalletti ha provato la difesa a tre. Declinare il modulo è più complicato e sarebbe meglio non dare i numeri, le combinazioni oscillano tra il 3-5-2 classico e il 3-4-2-1 provato a Coverciano. 

Cioccolata

Lucio maschera le prove, si macera nel dubbio e ogni tanto, nel labirinto dei suoi pensieri, si perde. La strada, però, sembra segnata. È il fuoriclasse di una Nazionale povera di talento e spompata dopo una stagione massacrante, piena di partite. Deve inventare una Spallettata. Sono gli ottavi della paura. Berlino, la città del sogno mondiale di Lippi e Buffon, disegna il confine tra il fallimento e un Europeo di possibile gloria. Non ci sono vie di mezzo. Dietro l’angolo un nuovo incrocio con l’Inghilterra, replicando ai quarti la finale di Wembley, oppure un mare di polemiche. Senza il gol di Zaccagni, saremmo già a casa. Abbiamo battuto l’Albania e stop. Ora bisogna svoltare e riaccendere la fiamma azzurra. La Svizzera ci ha sbattuto fuori dal Mondiale. Nessuno lo ha dimenticato. Nel ventre di Casa Azzurri si augurano che Lucio appenda un cartello al muro dello spogliatoio. Due anni fa ci presero in giro: 9,3 chili di barrette di cioccolato spedite dalla federcalcio svizzera e il video in cui il ct Murat Yakin intonava “Sweet Caroline”, la canzone cara ai tifosi del Windsor Park di Belfast. L’Irlanda del Nord aveva fermato gli azzurri sullo 0-0 certificando la qualificazione della Svizzera in Qatar. Jorginho, quattro giorni prima, aveva fallito il rigore della vita all’Olimpico.

I ballottaggi di formazione

Ieri il regista italo-brasiliano si muoveva accanto a Fagiolino, come lo chiama il commissario tecnico. Era entrato bene con la Croazia. La tentazione di mettere titolare il centrocampista della Juve forse esiste, ma è meglio usare cautela. Nella partita senza un domani, è complicato immaginare che il ct molli Jorginho, l’anima profonda dello spogliatoio. Barella non si discute. L’incognita del terzo centrocampista irrisolta. Ieri sembrava Frattesi, il guastatore ideale per la sponda di Scamacca, in pole su Retegui. Cristante e Pellegrini a inseguire. Chiesa tagliava da sinistra: seconda punta nel solco dell’ultima Juve di Allegri. Meno pronosticabile il tridente con Zaccagni, l’eroe di Lipsia. Forse solo in corsa, considerando l’ipotesi dei supplementari. Le fasce con Di Lorenzo e Dimarco o Cambiaso. Dietro, senza Calafiori, entrano Mancini e Buongiorno accanto a Bastoni. Darmian, questa volta, annusa la panchina. 

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