Italia e Champions: chi non scatta, niente scatti… Proviamoci

Se il problema è soprattutto correre di più, perché non ci alleniamo come se si fosse in Premier o Bundesliga? O forse c’è dell’altro.

Fabio Licari

18 marzo – Milano

Tre inglesi, ma lì piove tanto, l’acqua dev’essere buona. Due tedesche. Una spagnola, una francese, una portoghese. Noi zero. Perché non corriamo, perché non andiamo al ritmo dell’Europa nell’economia e sul campo… Perché gestiamo, aspettiamo, rallentiamo, e poi inevitabilmente ci infilano e ci castigano… Questa è la vulgata, come confutarla?

Capello!

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Da maggio 2010, Inter-Bayern 2-0, è così, sebbene due finali di Champions (Juve) e una di Europa League (Inter) abbiano provato a bilanciare invano le distanze col resto d’Europa. Negli albi d’oro resta lo zero. Forse quello di Fabio Capello, “il nostro non è un campionato allenante”, più che un giudizio era un anatema: “Se non ti alleni non vinci”. Dopo il tracollo di questi ottavi, le sue parole sono state pietre: “In Europa le big hanno calciatori che corrono ad una velocità che in Italia non vediamo: da noi ci sono Lazzari e Chiesa, e poi? Il Bayern è di un altro livello, ha una velocità diversa. Alcuni di loro rientrano in difesa anche sul 6-1, noi con lo spirito che abbiamo saremmo rimasti tranquilli. La Lazio è stata messa in difficoltà dalla pressione dei tedeschi, nonostante in Serie A sia la squadra che palleggia di più”. E allora una domanda viene banalmente spontanea: ma ci vuole così tanto per allenarsi come a Manchester, Monaco e Parigi?

Le differenze?

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Non potrebbe essere questo l’inizio di una rivoluzione culturale? Non potrebbe essere il manifesto programmatico di un allenatore coraggioso per la prossima stagione? Un allenatore al quale il Covid probabilmente negherà un paio di acquisti che sarebbero stati utili. Un allenatore che, d’accordo con la società, potrebbe impostare così la preparazione estiva: “Prometto solennemente di allenare e far lavorare la mia squadra come se giocasse in Premier, in Bundesliga, nella Liga. Vedrete come correremo da settembre a maggio”. Così difficile? Abbiamo nutrizionisti, preparatori atletici, allenatori e tutte le categorie professionali ad altissimo livello. Abbiamo una cultura del lavoro (nel calcio) seconda a nessuno. Abbiamo giocatori che non pare rivelino particolari scompensi fisici al momento della fatidica visita di inizio stagione: sono abili e arruolabili come quelli di Liverpool, Psg e Borussia Dortmund. Anzi, magari l’anno prima hanno giocato proprio lì.

Il manifesto

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E poi, più che uno slogan per invogliare all’acquisto dei biglietti, quello dell’allenatore potrebbe essere il vero progetto tecnico-tattico vincente. Se tutti gli altri, chi più, chi meno (Atalanta), si adeguano, rallentano, oppure, come diceva Prandelli, gestiscono consensualmente i tempi per non sprecare energie (sottinteso, per non farsi male), uno che decidesse di andare alla velocità di crociera inglese, a miglia all’ora, guida a sinistra, non avrebbe già mezzo scudetto in tasca? Cosa dovrebbe temere? Quale dovrebbe essere il problema: che i suoi si stanchino prima? Non si capisce questa timidezza, non si spiegano radici, motivazioni.

Ma in questa Europa

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Probabilmente l’equazione corsa uguale vittoria (o qualificazione nelle coppe) è un po’ frettolosa ed emozionale. Non è quello che ha detto Capello che ha anche aggiunto: “In Italia bisognerebbe imparare a correre di più e non a cadere a terra per spezzettare il gioco”. La Lazio in fondo ha fatto bene con il Dortmund e lo Zenit, ma temiamo che, pur a cento all’ora, contro il Bayern avrebbe avuto poche chance come il 90 per cento delle altre finaliste. La Juve non ha alibi, in undici contro dieci, ma un rigore, un palo e un traversa sono dettagli non proprio secondari nel “torneo dei dettagli”, e restiamo sempre curiosi di conoscere il sommo giudizio britannico su una italiana che si qualificasse difendendosi in sei, con i mediani letteralmente terzini, come ha fatto il Porto. L’Atalanta è sembrata meno furiosa e aggressiva dell’anno scorso, ma il Real non è il Valencia, e comunque vincere a Liverpool e Amsterdam non era stato un caso (come per la Juve prendersi tre punti al Camp Nou). E l’Inter? Al di là di episodi non proprio favorevoli con il Real, quell’assalto allo Shakhtar ha un po’ ricordato la Juve contro il muro del Porto. Anche qui, sia chiaro, con pochissimi alibi e l’impressione di una maturità europea non ancora completa malgrado la finale 2020. Speriamo nel Milan la cui andata a Old Trafford è stata molto europea. E nella Roma che ha “seccato” lo Shakhtar nei primi 90’ con un piccolo capolavoro tattico-agonistico.

Equilibrio

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Insomma, correre potrebbe anche non bastare. Lo stesso Liverpool, simbolo dell’attacco alla profondità, sembra molto meno furioso e verticale della vecchia versione campione d’Europa e d’Inghilterra. Forse gli altri non corrono di più, ma corrono meglio. Forse accelerano nel momento giusto, hanno meno vincoli tattici mentali e, con tutto il rispetto per il dogma della costruzione dal basso, che se riesce è uno spettacolo, ogni tanto un bel calcio liberatorio lo scagliano senza poi andarsi a confessare dall’analista a bordocampo, prontamente assolti con due palleggi nell’area piccola e un assist no-look. Bello se lo fa Guardiola con i suoi uomini istruiti ed educati quasi scientificamente, rischioso se ci tenta (senza alternative di manovra) chi non ha tutti gli strumenti didattici. Senza rinnegare un movimento di pensiero che sta cambiando il nostro calcio – e i risultati non possono essere immediati – un po’ di sano pragmatismo potrebbe essere un giusto contraltare.

La proposta

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E poi, scusate, ma se è vero che il problema è soprattutto questo, cosa si rischia a lavorare come se si fosse in Premier o Bundesliga? Perché un club italiano non potrebbe allenarsi come il Psg (senza stancarsi per la dolce vita parigina…) o il Borussia Dortmund (pur disponendo di più attrattive della Ruhr)? Quale riprovazione sociale? Davvero non c’è nessuno che ad agosto abbia voglia di provarci, abbia voglia d’Europa, abbia voglia di uscire dal coro? Oppure è questione di corsa ma anche d’altro?

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