Iran: i giocatori non cantano l’inno. Proteste contro il regime anche fuori dallo stadio

Gesto significativo della Nazionale. Ieri era stato il capitano Hajsafi ad appoggiare la rivolta nel suo Paese

Muti, mani sulle spalle dei compagni, mentre le note del loro inno riecheggiano nello stadio. I giocatori dell’Iran non hanno cantato, un gesto molto significativo. Non sarà il pugno di Tommy Smith e John Carlos a Città del Messico, ma potrebbe comunque passare alla storia. Sono rimasti lì, immobili, la sfida lanciata, senza paura. Sugli spalti qualcuno piange, in panchina solo un assistente di Queiroz muove le labbra. E il pubblico fischia, fa capire agli ayatollah da che parte sta.

La protesta era iniziata fuori dallo stadio, con i tifosi iraniani che inneggiavano a Masha Amini, la giovane uccisa dalla polizia iraniana dopo l’arresto da parte dei paramilitari Basij con l’accusa di non aver indossato l’hijab, morte che ha scatenato proteste in tutto il Paese, represse con violenza (oltre 400 morti) da parte del regime degli ayatollah. Non è stato il solo nome cantato dai supporter persiani, che hanno anche invocato Ali Karimi, l’ex giocatore che si è schierato a favore della rivolta.

il capitano

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Ancora più rumore avevano fatto le parole del capitano di Team Melli (il soprannome della nazionale di Teheran), Ehsan Hajsafi, che alla vigilia aveva così commentato la situazione nel suo Paese: “Noi giocatori stiamo dalla parte di chi ha perso la vita, dobbiamo accettare il fatto che le condizioni attuali in Iran non sono giuste e il nostro popolo non è contento. Innanzitutto voglio esprimere le mie condoglianze a tutte le famiglie che hanno avuto un lutto, voglio che sappiano che siamo con loro, che li sosteniamo e sposiamo la loro causa”.

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