Inter, titolari spremuti e pochi ricambi. Così la panchina è corta

Metà dell’11 di base ha superato i tremila minuti giocati. Netta la differenza rispetto alle seconde linee, che hanno una media di 14 presenze ciascuno su 42 uscite stagionali tra campionato e coppe

Squadra affiatata, ma anche spremuta. Il prezzo che sta pagando l’Inter di Inzaghi nel suo percorso di crescita si misura (anche) in termini di energie, quelle spese e quelle residue. Lo dicono le prestazioni e i risultati poco brillanti tra febbraio e marzo, che possono anche trovare una logica spiegazione nei dati relativi all’impiego dei singoli giocatori da inizio stagione. Da un primo scorcio, si capisce bene come l’Inter di Inzaghi abbia un undici ben chiaro e definito, forse addirittura troppo. Perché la differenza di minutaggio tra i titolari e le seconde linee è netta, in certi casi abissale. Da qui l’inevitabile stanchezza di tante pedine fondamentali arrivate a primavera con 3.000′ o più nelle gambe, oltre il doppio di quanto collezionato in media dai primi cinque ricambi, vale a dire Darmian, Dimarco, Vidal, Sanchez e D’Ambrosio.

I SOVRACCARICATI

—  

Insistere sempre o quasi sugli stessi undici consente di costruire meccanismi oliati e precisi, esattamente come ha fatto Inzaghi con la sua Inter sin dai primissimi giorni. Ma questo comporta anche il rischio di arrivare alla volata finale con il serbatoio in riserva, soprattutto quando ci si ritrova a lottare su più fronti. Nell’attuale rosa nerazzurra è netta la spaccatura a livello di impiego tra i cosiddetti imprescindibili e i rincalzi, con conseguente calo fisiologico di almeno metà squadra titolare. Tolto Handanovic, logico primatista stagionale con 41 presenze su 42 per un totale di 3.720′ in campo, ci sono ben cinque elementi con oltre il 95% dei minuti disputati in tutte le competizioni, vale a dire Skriniar, Brozovic, Barella, Perisic e Bastoni. Dietro agli stakanovisti, seguono a ruota Dzeko, Calhanoglu, Lautaro e De Vrij, tutti tra 2.600′ e i 2.900′ in campo. L’undicesimo giocatore per impiego è Dumfries, comunque al di sopra dei 2000′ pur avendo svoltato solo dopo qualche mese di ambientamento. Dopodiché un brusco stacco.

SECONDE LINEE

—  

La differenza tra titolari e riserve non emerge tanto dalle presenze, quanto piuttosto dal tempo di impiego vero e proprio. Se gente come Vidal, Sanchez e Dimarco ha comunque tagliato il traguardo delle 30 partite, è il tempo speso in campo a risultare nettamente inferiore: si va infatti dai 1.706′ di Darmian, di fatto il primo ricambio, fino ai 3′ di Caicedo. Solo in cinque hanno superato i mille minuti di gioco, vale a dire un totale di undici presenze intere. Altrettanti, tra cui Correa, Vecino e Gagliardini, si trovano anche al di sotto di quella soglia. Nessuno al di fuori dell’undici titolare raggiunge una media di almeno 60′ giocati: Darmian si ferma a 58′, mentre Vidal e Sanchez si fermano a una quarantina di minuti scarsi. Per tutti gli altri, numeri decisamente più impietosi. Un maggior coinvolgimento della panchina aiuterebbe a dosare le residue energie dei titolari nell’ultimo scorcio di stagione, quello decisivo. Ma ogni volta che si è trattato di dover rimpiazzare un punto fermo causa infortuni o squalifiche, per Inzaghi sono stati guai. L’unica assenza “indolore”, almeno a tratti, è stata quella di De Vrij, merito della duttilità e della strepitosa condizione di Skriniar. Una preziosa pedina per il finale di stagione (e non solo) sarà sicuramente Gosens. Per il futuro, invece, si lavorerà a una panchina più lunga.

Precedente Nagelsmann a scuola da Emery, il Villarreal surclassa il Bayern: 1-0, con qualche rimpianto Successivo Maradona, all'asta la maglia della Mano di Dio. Il valore? Sette milioni di euro