Inter, Milan e Napoli nelle prime 8 d’Europa, nessuno come noi: la Serie A rimane competitiva

Nessuno gioirà se avrà il Napoli, nemmeno Guardiola. Le milanesi hanno riscoperto il bello della difesa

Tre italiane ai quarti di Champions League, non accadeva dal 2005-06. Allora tra le prime otto entrarono Milan, Inter e Juve e non finì in gloria. Ai quarti l’Inter venne eliminata dal Villarreal e la Juve dall’Arsenal. In semifinale il Milan si infranse sul Barcellona, destinato a vincere la Coppa in finale contro l’Arsenal. Nel 2006 tre italiane in Champions non facevano notizia, era quasi la normalità. Di lì a un anno, nel 2007, il Milan, finalista nel 2005 nella famigerata sfida contro il Liverpool, si sarebbe preso la rivincita sui “Reds” ad Atene. L’età dell’oro del nostro calcio l’avrebbe chiusa l’Inter, con la Champions del 2010.

Non per caso

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Quasi vent’anni dopo la vituperata Serie A ritorna a essere il campionato europeo con il maggior numero di squadre nei quarti di Champions. Cari saluti alla Premier League, alla Liga e alla Bundesliga. Ce lo meritiamo? Siamo stati fortunati? È una parentesi o la Serie A è meno brutta e più competitiva ed allenante di quel che sembra? Bisogna distinguere. Napoli, Milan e Inter hanno raggiunto i quarti con strategie differenti, ma tre squadre fanno una prova, non si può ricondurre tutto al caso. I nostri club hanno capito quanto sia impossibile competere con le smisurate risorse della Premier e del Real in Spagna, con la solidità del Bayern in Germania, e si sono rimodulate. Investono di meno in giocatori costosi, non praticano più lo shopping compulsivo e dissesta-conti. Compiono scelte meno roboanti e più funzionali. E gli allenatori si sono adeguati, fanno rendere quel che hanno. Un po’ si arrangiano e un po’ creano.

Bel Napoli

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Il Napoli è arrivato ai quarti con la forza del gioco e con la bravura di giocatori acquistati un attimo prima che diventassero inavvicinabili, e ci riferiamo a Osimhen e Kvaratskhelia. Luciano Spalletti ha lavorato per due stagioni alla costruzione di una squadra che oggi sa con esattezza che cosa fare e come farlo. Ha spremuto il meglio dalle migliori idee in circolazione – l’evoluzionismo posizionale di Guardiola, il pressing di riconquista di Klopp, i triangoli a salire di Sarri – e ha composto un suo mosaico. Il Napoli di oggi è multi-pensante, non vincolato a un dogma o a un unico libro guida. Sa adattarsi a chiunque. Kvaratskhelia e Osimhen assicurano la differenza della tecnica. Non c’è schema o ragionamento che possa prescindere dalla giocata di un grande giocatore, necessaria per completare l’azione o per venire fuori dalla palude che si crea quando l’avversario si mette di traversa. Kvaratskhelia e Osimhen da soli però non basterebbero, il contesto spallettiano ne esalta le capacità. Il format di Spalletti ha moltiplicato le doti di ciascun giocatore. Delle tre, il Napoli è l’italiana che le altre cinque vorrebbero evitare. Anche il City se la risparmierebbe, Guardiola sa che misurarsi con lo Spalletti di oggi equivale a un viaggio in profondità ignote. Il Napoli è l’Italiana che ha più probabilità di vincere questa Champions. L’unico rischio sarà il campionato, la tentazione di crogiolarsi nel tepore dello scudetto in arrivo.

Bella Milano

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Bella lì, Milano. A inizio stagione era difficile pronosticare un doppio quarto per le milanesi, ci saremmo accontentati che ci riuscisse una delle due. Eppure è successo. Sull’ingresso di Milan e Inter nell’élite delle otto spira un vento anni Sessanta, di notti eroiche a difendersi e a ripartire, senza la genialità raffinata di un Rivera o la velocità serpentesca di un Mazzola, ma con la stessa tenacia. L’altra sera a Porto l’Inter ci ha regalato uno straordinario ritorno al passato, con una ripresa epica. Tutti dietro, a difendere il gol di vantaggio segnato nell’andata a San Siro. L’Inter del Dragao ha fatto felici quanti rivendicano la superiorità del risultato sul gioco, sulla bellezza, sulla forza delle idee. Dateci un portiere e un paio di difensori in serata di grazia, due centrocampisti votati al martirio e nulla ci spaventerà, questo il senso. Se uno dei tre attaccanti interisti avesse cavalcato bene le due o tre occasioni che si sono create, l’Inter a Porto avrebbe vinto e la rinascita del vecchio irriducibile gioco all’italiana avrebbe rasentato la perfezione.

La settimana scorsa, nel ritorno contro il Tottenham, il Milan ha giocato una partita diversa, ma non troppo. La conversione di Stefano Pioli alla linea a tre si è sublimata a Londra, con una partita difensiva meno vistosa, ma comunque prudenziale. Anche il Milan ha avuto bisogno di una grande parata del suo portiere, Maignan, e di una prestazione super dei tre centrali, in particolare del giovane Thiaw. Non c’è nulla per cui imbarazzarsi, nessuno ha la verità in tasca e tutti hanno il diritto di esprimersi come credono. L’Italia non vince la Champions da tredici anni, dal 2010 del Triplete interista. L’Italia di Coppe dei Campioni/Champions ne ha vinte dodici, sette il Milan, tre l’Inter e due la Juve. Ha davanti l’Inghilterra (14) e la Spagna (19). Lasciateci sperare che una delle tre di quest’anno faccia 13. E smettiamola di auto-flagellarci, la Serie A a modo suo è ritornata attrattiva.

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