Inter, le tre cose che ti ha insegnato questo derby

Calhanoglu tutto nuovo e qualche problema nella gestione dei momenti clou e nella… garra: ecco da dove riparte Simone Inzaghi

Tre indizi fanno una prova. L’Inter si è di nuovo fatta rimontare in uno scontro diretto e i rimpianti non fanno punti. Come contro Atalanta e Juve, anche nel derby Dzeko e compagni non hanno saputo gestire il vantaggio, tra sprechi assortiti. E al conto bisogna aggiungere il k.o. con la Lazio, dopo 65′ giocati alla grande. L’1-1 contro il Milan lascia almeno tre spunti a Inzaghi durante l’ultima sosta per le nazionali del 2021. Anche perché alla ripresa l’Inter quest’anno non ha mai vinto (2-2 in casa della Samp e sconfitta all’Olimpico), ma il 21 al Meazza arriva il Napoli capolista e tre giorni dopo battere lo Shakhtar significherebbe (se lo Sheriff non supera il Real) tornare agli ottavi di Champions dopo 10 anni.

In un derby in cui non hanno brillato le certezze De Vrij, Barella, Brozovic e Dzeko, la scena se l’è presa l’uomo che i tifosi temevano potesse rimanere schiacciato dalla pressione. Hakan Calhanoglu, che a volte ricorda Pisolo per quello sguardo quasi smarrito e una certa indolenza, sotto alla sua ex Curva invece si è trasformato in un leone. Se l’esultanza con le orecchie dopo il rigore procurato e trasformato (a quel punto, perché non fargli tirare anche il secondo?) fa copertina, Inzaghi si gode molto di più l’intensità di una prestazione in cui il turco – per la prima volta in campo 90′ – ha fatto legna dietro e creato davanti. La conferma che la sua è una questione di testa più che di gamba. Il Napoli, alla ripresa, dovrebbe garantire stimoli sufficienti per il bis.

Il derby però lascia anche la sensazione che l’Inter non gestisca ancora al meglio i momenti della gara in cui fisiologicamente non può imporre il proprio gioco. In ogni gara ci sono le fasi in cui si rifiata o si va in riserva. Ieri è successo nell’ultimo quarto d’ora, dopo uno sforzo notevole per schiacciare l’avversario nella propria metà campo. Lì, con la benzina sono venute meno la lucidità e la pulizia nelle uscite. Con relativi rischi, anche prima del palo di Saelemaekers e del tap-in fallito da Kessie. Nei 10′ finali il Milan ha creato più occasioni che nel resto del match. Anche se dopo la Lazio i nerazzurri hanno subito molto meno, manca quella caratteristica “contiana” di saper gestire i momenti off rischiando poco o nulla.

Se la difesa fosse un bunker, potresti anche permetterti di sbagliare rigori e gol che sembrano fatti. Visto che non lo è, c’è qualcosa da rivedere anche in fase realizzativa. Passi per la crisi di Lautaro – cui evidentemente Lukaku faceva un gran bene -, per un Dzeko tornato umano e per un po’ di jella. Ma anche la garra davanti alla porta si può e si deve allenare. In ogni sport, quando finalizzi lo sforzo devi avere un’attenzione e una fame diverse. Sono situazioni tecniche e di attitudine su cui lavorare con ferocia anche in settimana. Barella, Lautaro e Vidal, per citare solo le occasioni più clamorose, su quei palloni devono trovare e spaccare la porta. Avere lo stesso furore che mostrano in un tackle a metà campo. Il Napoli ha la miglior difesa del torneo e il 21 riavrà Koulibaly. Batterlo senza un po’ di cinismo può diventare un Everest.

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