La notte del 26 novembre, poco più di due mesi fa allo Stadium, Allegri sorrise, esibendo la propria livornesità: «Oggi giornata positiva, ho pareggiato con l’Inter e il mio cavallo è andato forte a Pisa». Momento Giusto, scuderia Alma Racing (dalle iniziali del tecnico della Juve), montato da Dario Di Tocco, miglior fantino d’Italia nel 2023, si era piazzato secondo. Nomen omen. Secondo la locuzione latina, il destino è nel nome. Ecco, questo potrebbe essere il momento giusto per scuotere la Juve con il frustino e lanciarla al galoppo, provando a vincere. La metafora equina ha condotto Max a parlare del paraocchi usato da certi cavalli, magari pure favoriti in partenza, per non frenare quando sono affiancati. Inzaghi non ha abboccato. «Non mi intendo di ippica, non mi danno fastidio le battute». Stessa risposta per chiudere l’argomento sulle guardie e sui ladri.
Inter e Juve in dirittura d’arrivo
Di sicuro le due contendenti corrono forte, con lo stesso passo da inizio campionato, e stasera entrano in dirittura per lo scudetto. Il traguardo è ancora lontano, altre sedici partite per i bianconeri dopo il Derby d’Italia, diciassette per i nerazzurri contando il rinvio con l’Atalanta. Max, ai tempi in cui frequentava l’ippodromo Caprilli a Livorno, guardava le corse sistemandosi allo steccato e aspettando sulla linea d’arrivo, dove scattano la fotografia (quando serve) per stabilire l’ordine d’arrivo. S’intendeva di corto muso più di trent’anni fa e non ha cambiato idea, conta chi arriva davanti. Forse non disprezzerebbe un altro pareggio, anzi avrebbe un senso compiuto per la Signora restare a un’incollatura dall’Inter. Aumenterebbero le variabili in previsione della Champions. In volata, si sa, può succedere di tutto. Di terreno ne manca e la retta d’arrivo di San Siro, accanto allo stadio Meazza, è ben più lunga e sfiancante rispetto all’ippodromo di Livorno. Trovarsi in testa all’imbocco della dirittura non significa vincere in automatico.
Inzaghi pensa solo alla fuga
Per questo motivo, Inzaghi e l’Inter pensano a un solo risultato: battere la Juve per fuggire, balzare a +4 con una partita in meno e, se possibile, dare un segnale di strapotere al campionato. Come? Vincendo bene, dimostrando sul campo la differenza di qualità degli interpreti e di gioco. Attaccheranno con giudizio, senza esporsi, e con la stessa ferocia esibita a Riyad nella semifinale di Supercoppa, guarda caso preparata come un’altra finale, perché quando ci sono di mezzo Sarri e la Lazio per Simone sono partite della vita. Non è la stessa cosa spazzare via la Juve, ma è quello che si sono detti e hanno immaginato nello spogliatoio di Appiano Gentile, fieri di giocarsela nello stadio di casa, spinti da 75 mila anime, con personalità e consapevolezza, doti acquisite attraverso il cammino sino alla finale di Istanbul. Un pareggio, per i nerazzurri, sarebbe una delusione e lascerebbe tutto aperto. Inzaghi, calibrando le parole, non lo ha negato. «Testa e cuore» ha spiegato, accennando al tema tattico. Sta preparando l’assalto e una partita aggressiva.
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