Inter: i gol ci sono, il muro ancora no. In Champions per ritrovare sicurezza in difesa

I nerazzurri prendono gol da sei gare di fila. La sfida con De Zerbi per recuperare equilibrio tra potenza offensiva e solidità difensiva

L’Inter di Simone è ferma a metà del guado, sospesa tra l’estasi e l’inquietudine: sa dominare, e pure tanto, ma a volte traballa un po’ troppo. La squadra ha elaborato definitivamente il lutto di Hakimi-Lukaku e ha armato davanti una potentissima macchina bellica, eppure dietro sta conoscendo affanni a cui non era più abituata. L’equilibrio tra potenza offensiva e solidità difensiva non è ancora trovato e quei punti mancanti in classifica forse si spiegano così. Se i nerazzurri sistemeranno certi scricchiolii, diventeranno un’armata difficile da fermare, ma se continuerà a concedere occasioni sparse rischierà di perdere terreno e aumenteranno i rimpianti. Il bivio è lì, dopo sei giornate appena: Inzaghi sta costruendo una “sua” Inter, aggiungendo concetti nuovi a quelli già digeriti nell’ultima trionfale stagione, ma serve ancora un po’ di tempo per svoltare definitivamente lungo la strada giusta. Il calendario adesso viene pure in aiuto con un test supplementare: domani si va a Kiev contro lo Shakhtar di De Zerbi che, un po’ per il Dna brasiliano e un po’ per le rigide convinzioni del tecnico italiano, è costruito per mettere sotto pressione le difese rivali. Simone ritroverà comunque Correa, che ieri si è allenato in gruppo, e potrebbe portare in Ucraina pure Vidal, in miglioramento.

Il cambio

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Se non fosse stato per la passeggiata contro il Genoa nella prima giornata, unica partita in cui Handa non ha raccolto un pallone dalla porta, l’Inter avrebbe sempre subito almeno un gol in ogni gara di questa stagione. Ora siamo a sei di fila, cinque di campionato più la rete beffarda del Real in Champions: non sono state ovviamente smarrite le vecchie certezze, ma qualcosa è cambiato sotto al sole. Il primo tempo della Fiorentina è stato su ritmi da Premier e Gasperini è il solito crudele dentista ma, nonostante il tasso di difficoltà delle ultime due sfide, l’Inter ha concesso un po’ troppi tiri ai rivali. A dirla tutta, nelle prime sei della scorsa stagione era andata pure peggio: Conte sembrava essersi perso nella ricerca della bellezza e concedeva troppo rispetto ai suoi standard. Una volta abbandonata l’utopia e riscoperto il realismo, aveva sigillato la squadra e trovato la via per lo scudetto. Ogni pellicola è, però, diversa dall’altra, così Inzaghi insegue una sua personalissima strada verso un definitivo equilibrio: al momento ha subito 1,1 reti a partita contro lo 0,9 del totale della scorsa stagione. E sulla media dei tiri subiti la forchetta si allarga: 12,5 contro 10,1.

Muro da ricostruire

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Il trio di difesa è sempre quello forgiato l’anno scorso: Skriniar-De Vrij—Bastoni, nessuno può separare ciò che il destino ha unito. Il trio offre ampie garanzie, ma un po’ di riposo a qualcuno servirebbe. Ad esempio Skriniar, ingordo, ha giocato 900 minuti filati, 10 partite su 10 tra Inter e Slovacchia senza mai lasciar cadere una briciola. E anche De Vrij, un po’ appannato contro i diavoli del Gasp, avrebbe giocato sempre, se non fosse per i 23’ minuti in meno con il Bologna. Ma più che le prestazioni individuali dei difensori, è l’atteggiamento di squadra a condizionare il giudizio: l’Inter di Simone cerca maggiormente il possesso, ha un’indole intraprendente a prescindere dall’avversario. Nelle partite contro le rivali più difficili, la vecchia Inter contiana si rintanava nelle proprie stanze, anche perché possedeva un ariete belga capace di buttare giù qualsiasi porta più una freccia marocchina che ribaltava il fronte in un soffio. Adesso i nerazzurri cercano il bersaglio con la manovra, coinvolgono più pedine nello scacchiere: alla fine i gol cadono sempre copiosi, già 20 in un mese circa, ma quelli subiti, 8 in sei partite, possono preoccupare. L’anno scorso l’1-0 casalingo alla Dea arrivò con un possesso palla del 44% e un baricentro molto basso fissato a 44,8 metri, mentre quest’ultimo pirotecnico 2-2 è figlio di quasi un 50% di possesso e di un baricentro portato più su, a 51 metri. Insomma, è in atto una mutazione genetica e, per renderla davvero felice, l’Inter ha bisogno di togliersi di dosso ogni insicurezza. Per questo, già con lo Shakhtar, Simone vuole aggiungere un mattoncino: il vecchio muro va presto ricostruito.

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