Inter, a Inzaghi non basterà il Porto

Una premessa è d’obbligo: Inzaghi non rischia l’esonero se martedì, con il Porto, dovesse andare male. Del resto, con meno di 3 mesi prima della fine della stagione, che svolta potrebbe dare un nuovo allenatore? È chiaro, però, che ora l’Inter arrivi all’appuntamento europeo con la tensione ai livelli di guardia, al pari di una pressione che non ci sarebbe stata con un’altra classifica. La verità è che la sconfitta con lo Spezia, che segue quella con il Bologna, oltre ai punti persi con Sampdoria, Empoli e Monza, ha cambiato lo scenario per il tecnico piacentino. A questo punto, non gli basterà guadagnarsi il pass per la prossima Champions, e nemmeno rivincere la Coppa Italia, per essere sicuro della conferma. Il fatto che certe situazioni e certi errori continuino a ripetersi, senza che siano stati trovati correttivi obbliga, infatti, a fare un altro tipo di valutazioni. Rimandate, comunque, a fine stagione. A meno che, evidentemente, l’Inter non vada incontro ad un vero e proprio tracollo. E dopo il Porto, ci sarà la Juventus… 

Qual è la vera Inter?

Rigori e coperture

Ad ogni modo, una prospettiva del genere non viene presa in considerazione in casa nerazzurra. Per di più, la caduta con lo Spezia ha avuto contorni ben diversi da quella con il Bologna. Se tiri 28 volte, se il portiere avversario fa il fenomeno e se sbagli pure un rigore, Inzaghi non può essere l’unico o il principale colpevole. E anche per questo motivo il consueto pranzo del giorno dopo tra l’allenatore e dirigenza, ieri, non è stato un confronto/processo, come nel post-Bologna. Ciò non toglie che sul tavolo siano finite alcune questioni su cui a Inzaghi è chiamato a intervenire. Il rendimento in trasferta, evidentemente, è l’aspetto più evidente e la base di partenza. Ma tra le priorità da affrontare c’è anche la gerarchia dei rigoristi. È impensabile, infatti, che non ci sia una preferenza, soprattutto se in squadra e in campo c’è un giocatore, come Lukaku, che in nerazzurro non ha mai fatto cilecca. Altrimenti si rischia ciò che è accaduto al Picco, con Lautaro che si è preso il pallone per calciare (e sbagliare), senza interventi dalla panchina. Già martedì con il Porto, quindi, ci sarà un ordine di preferenza, nel quale comparirà pure Calhanoglu. Un altro aspetto che preoccupa sono i troppi gol presi (Spezia, Udinese, Empoli), e anche i rischi corsi (Udinese, Porto), su contropiede o ripartenza degli avversari. Significa che le coperture preventive non funzionano a dovere. La causa più evidente è che l’Inter si sbilancia troppo nella ripresa, se non è in vantaggio. Insomma, occorre più equilibrio quando si tratta di attaccare. Qualcosa ci sarebbe da evidenziare anche sulla gestione della rosa, con alcuni elementi impiegati in maniera eccessiva (Acerbi, Mkhitaryan, Darmian), e altri accantonati (Asllani). È probabile, però, che questo tema rientrerà tra le analisi consuntive di fine stagione. 

Nodo contratto

Sempre a proposito del destino di Inzaghi, esiste comunque una variabile che non si può trascurare. Vale a dire un contratto in scadenza soltanto nel 2024 per oltre 5 milioni netti. Cambiare, quindi, vorrebbe dire pagare una buonuscita, come accaduto con Conte, oppure accantonare a bilancio 11-12 milioni lordi (ci sarebbe anche lo staff), esperienza già vissuta con Spalletti. Nulla che non si possa sistemare, anche per un club alle prese con difficoltà finanziare come l’Inter. Ma sarebbe poi sostenibile, ad esempio, il ritorno di Conte, già al centro di alcune voci, che però si è lasciato male con parte della società? 


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