Insigne, non ti raggiro

Mi scusi, per la fantasia? In fondo a sinistra. O ad estro. Là dove di solito si notano meglio i centosessantatré centimetri di Insigne. Non c’è stata partita, durante questo indimenticabile Europeo, in cui non abbia sperato che qualcosa di eccezionale nascesse proprio dal lato in cui il nostro gioco pendeva. Un tiro a giro, un dribbling riuscito nello stretto, un uno-due con Spinazzola o Verratti, un servizio per Ciro, un lancio coast to (mezza) coast in grado di esaltare il taglio di Chiesa o Berardi. Lorenzo doveva essere l’accensione, la differenza, il colpo a sorpresa. E quando la cosa gli riusciva, «grande Lore»; quando invece lui steccava o non prendeva bene le misure, «stasera non c’è, meglio sostituirlo». Elettrizzante e divisivo come tutti i dieci che si rispettino. 

Di questo Europeo Lorenzo è stato uno dei sorrisi più aperti, lo scherzo insistito con Immobile in ritiro, il cuore disegnato con le dita da mostrare alla telecamera, il movimento su e giù della testa per non sbagliare l’entrata sull’inno di Mameli. È stato anche quello laggiù, sotto i due metri di Donnarumma, e la prima pagina del Corriere dello Sport nella quale – gli undici azzurri tutti in fila – lui quasi sparisce.  

Lorenzo è il tweet di complimenti mancato da parte del Napoli che al titolo ha portato ben tre giocatori e tre quarti: oltre a Insigne, Di Lorenzo e Meret, l’ex Jorginho e il napoletanissimo Immobile. 

Lorenzo adesso è l’incertezza sul suo futuro. Sì al tiro a giro, no alla presa in giro, però. Napoli non merita altre settimane di detto e non detto, di cattive intenzioni mascherate da buone e viceversa, di voci di interessamenti il più delle volte infondate e strumentali: lo inseguono gli spagnoli e anche gli inglesi, occhio ai qatarioti, gli hanno offerto dieci milioni, venti e due cammelli; oppure De Laurentiis non lo vuole più, lo vuole ancora, ma non è disposto a svenarsi. E ci può stare, ci sta.  

A un anno dalla scadenza del contratto dell’uomo-immagine delle ultime nove stagioni napoletane, l’unica risposta augurabile è la chiarezza che è la forma più pura dell’onestà.  

Insigne e il presidente non possono e non devono giocare a padel con gli umori della gente. Lorenzo ha 30 anni, dal 2012 rappresenta la squadra e la città tanto nel bene quanto nel male: è stato anche utilizzato come origine di alcune decisioni che riguardavano il destino dell’allenatore. Oggi è un ragazzo maturo e proprio la maturità e la soddisfazione di aver vinto qualcosa di storico dovrebbero indurlo a far sapere cosa e dove vuol giocare nei prossimi anni. Allo stesso tempo De Laurentiis potrebbe spiegare se intende o no legarsi per sempre a Insigne, un personaggio a volte messo in ombra dal suo stesso successo.  

Non sono mai entrato nelle tasche degli altri. È giusto che il calciatore e il club tutelino i rispettivi interessi: inopportuno aggiungere pressioni. Chiedo semplicemente che per una volta la trasparenza e la semplicità prevalgano sul resto. Ci metto anche i napoletani, ammesso che vogliano pesare sulla bilancia delle decisioni. Mancano il grido appassionato e l’abbraccio fraterno, come se Lorenzo non avesse mai offerto sensibili e generose prove d’amore. Cosa li trattiene dall’eleggere a idolo privato il ragazzo di Frattamaggiore. Ho spesso sentito chiamarlo così, quasi con sufficienza, o scherno, come se fosse, chessò, di Verona. Anche le voci più alte e intellettuali del tifo napoletano hanno stonato il suo inno al gol, alla vittoria. Ma non mi stupisco, alcuni risero addirittura di Maradona, al suo arrivo. Forse lo scopriranno campione, De Laurentiis e la sua corte, quando da Frattamaggiore se ne andrà altrove. 

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