Insigne, il tiraggir di Marotta

Come per incanto, nella notte di San Lorenzo i sogni si collegano alle stelle: secondo alcune credenze, le stelle cadenti sono lacrime che scendono dal cielo. Sogni, stelle e lacrime li ritroviamo protagonisti anche della notte di Fan Lorenzo (se lo fanno). Indispensabile un breve giro d’orizzonte in chiave interista: Zapata s’è complicato dopo che Abraham ha allontanato l’Atalanta, Correa costa un botto, il campionato comincia tra poco più di una settimana, Lautaro è squalificato per la prima, Sanchez non è disponibile e oltretutto non convince Inzaghi, e allora Marotta e Ausilio cosa s’inventano? Un tiraggir: l’idea più attuale e che accontenta il tecnico è proprio Lorenzo Insigne, all’ultimo anno di contratto e in “fredda” con De Laurentiis. Tra le disponibilità dell’Inter e la richiesta del Napoli ballano almeno dieci milioni, ai quali aggiungerei la reazione di cuore dei napoletani e quella di fegato di Spalletti, nel cui destino cinico e baro sembra esserci la gestione dei casi più spinosi (Totti, Icardi, Insigne è ancora in fase embrionale). Nell’estate delle crisi diffuse e di Messi salutato dal Barcellona dopo ventun anni, vi risparmio per decenza le discorsesse su bandiere ammainate e altre amenità: ci torneremo se anche quest’ultima “rottura” si consumerà. Meglio occuparsi dei giorni difficili dei survivor Marotta e Ausilio.

L’addio – traumatico, ma tutt’altro che sorprendente – di Conte, l’allenatore di garanzia, il dramma di Eriksen, che priva la squadra di un centrocampista di qualità e esperienza, e le pesantissime rinunce a Hakimi e Lukaku, i simboli dello scudetto, hanno aggiustato in parte i conti relativamente alla gestione, ma smontato l’idea della continuità e aperto altri fronti per nulla piacevoli. Dei 180 milioni incassati con le ultime due operazioni, una cifra da Premier, Steven Zhang – da Nanchino: l’ufficio nella sede è vuoto da settimane – ne ha messi a disposizione 40 per gli “interventi di tamponamento”. Un taglio disarmante che ha spiazzato il management, obbligato a prendere non una ma due punte e un esterno (Dumfries), inducendolo a puntare in primo luogo sul 35enne Dzeko, arrivato a zero (giusto un bonus alla Roma da 1,5 milioni) e a considerare la soluzione Insigne, trenta.

L’aspetto preoccupante è però un altro, ovvero i mal di pancia che la “fuga” dei principali interpreti del progetto Conte ha generato nei giocatori da mercato: Lautaro e il neo campione europeo Barella, quest’ultimo interista fino al midollo. «Perché Romelu sì e io no?», il senso della domanda posta dai tre. Abbiamo più volte spiegato per quali ragioni i sacrifici fin qui fatti potrebbero non risultare sufficienti, ma al tempo stesso segnalato che l’Inter, sotto assedio, ha avuto la forza di resistere alle pressioni del Tottenham per Lautaro: l’offerta portata da Paratici era eccezionale, 85 milioni più 10 di bonus, ma la necessità di presentare un organico competitivo a Inzaghi – al quale erano state fatte altre promesse – lo è di più e l’ad ha risposto picche.

La possibilità che un altro pezzo forte dei campioni d’Italia esca da qui al 31 agosto non è da sottovalutare. Per questo servirebbe un presa di posizione da parte di quel che resta della proprietà Suning: è necessario un segnale chiaro che restituisca certezze e fiducia al resto della ciurma. L’Inter è un valore tra i più alti e nobili del calcio italiano, chi la gestisce ha l’obbligo di fare sempre i conti col suo passato e davanti a sé ha la prospettiva di una stagione ricca di impegni, a partire dalla Champions. Di errori Zhang ne ha commessi fin troppi, ma a questo punto la distanza tra errore e danno esiziale è ridottissima. Tenere la carta bassa non ha più senso: l’Inter non è lo Jiangsu.

PS. Anche ieri Leo Messi ha sorriso.

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