Inghilterror

Non è forse stato il vostro Draghi a chiedere lo spostamento di semifinali e finali dell’Europeo da Londra a una sede più sicura, perché considera l’Inghilterra una zona a forte rischio, visto il costante aumento dei contagi? Vi siete resi conto o no, cari italiani, che così facendo il vostro premier – appoggiato dalla Merkel – ha messo in discussione l’impianto organizzativo dell’Uefa di Ceferin? Vi ha detto niente la reazione di Boris Johnson che, in tutta risposta e fottendosene delle proiezioni sulle positività alla variante Delta, ha immediatamente ampliato da 45.000 (per gli ottavi) a 61.500 presenze la capienza dello stadio? Per non parlare, poi, della figuraccia che gli azzurri hanno fatto prima della partita con il Galles, nel momento in cui avrebbero dovuto inginocchiarsi tutti e undici per solidarizzare con il Black Lives Matter. Benvenuti a Wembley, vi aspettiamo!

Se gli inglesi e l’Uefa l’hanno messa giù così dura siamo rovinati, abbiamo pensato, e con noi l’ha pensato anche qualcuno a Coverciano e qualcun altro dalle parti di via Allegri. È chiaro che come uomini di sport abbiamo il dovere di credere che anche nel calcio-business prevalgano i valori più alti e che vendette e scherzi (da prete) non rientrino nelle pratiche di chi il calcio lo governa. Tuttavia, quando ieri mattina abbiamo letto che per la sfida con l’Austria era stato designato l’inglesissimo Anthony Taylor, un brivido è corso lungo la schiena di parecchi addetti ai lavori e di qualche osservatore poco neutrale – se di mezzo c’è la Nazionale – come il sottoscritto.

Semplice coincidenza? Pura casualità? Non è facile convincere un popolo tifoso passato attraverso Byron Moreno e altri scandali e orchestrazioni, del fatto che il mondo sia effettivamente cambiato e che occorra pensare positivo perché sono vivo perché sono vivo. In fondo siamo cresciuti sentendoci ripetere che a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci sia azzecca – it’s wrong to think badly of someone, but you’re very often right – e allora come facciamo a cambiare all’improvviso, e in un momento di esaltazione collettiva come questo?

Sono sicuro che domani sera Tony Taylor, 42enne di Manchester, fischierà con apprezzabile obiettività. È bravo: tempo fa Carlo Ancelotti mi disse che lo considerava tra i migliori della Premier. E poi uno che, dopo aver seguito la squadra della sua città, l’Altrincham, sia in casa sia in trasferta, diventò arbitro su consiglio della madre ch’era stufa di sentire le continue critiche del figlio agli arbitri, ispira una fiducia che definirei innaturale.

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