Inchiesta plusvalenze, ecco cosa rischia la Juve

Siamo tranquilli“. Così in tempi non sospetti il presidente della Juventus Andrea Agnelli, a margine del Consiglio di Amministrazione, si era espresso in conferenza stampa sull’inchiesta in corso su 42 operazioni di mercato del club bianconero. Oltre al numero uno, nel registro degli indagati sono iscritti il vicepresidente bianconero Pavel Nedved, l’ex ds Fabio Paratici, passato in estate al Tottenham, lo Chief Corporate & Financial Officer Stefano Cerrato, il suo predecessore Stefano Bertola e l’ex dirigente finanziario Marco Re. Il reato ipotizzato sarebbe quello di falso in bilancio. La Procura di Torino ha inviato la Guardia di Finanza nella sede juventina ad acquisire documenti relativi alle sessioni di calciomercato degli ultimi tre anni: le plusvalenze contestate sarebbero di circa 282 milioni. 

Il precedente di Inter, Milan e Chievo

La domanda che tutti i tifosi si stanno ponendo è: “Cosa rischia la Juventus?“. C’è il precedente di Inter e Milan, che finirono sotto la lente della Magistratura nel 2008 per delle plusvalenze sospette relative al bilancio della stagione 2003-04, ma vennero assolte perché “il fatto non costituisce reato“. Nonostante la proposta di Infantino di inserire un algoritmo matematico che calcoli con esattezza la valutazione di un calciatore, è oggettivamente molto complicato assegnarne una definizione scientifica, anche in virtù delle numerose condizioni che possono influire in sede di trattativa. A fare giurisprudenza, però, c’è il caso del Chievo e del Cesena del 2018: se per il club romagnolo l’inchiesta non si concluse causa fallimento, la società veronese fu condannata dalla Corte d’Appello a tre punti di penalizzazione per “reiterata violazione ed elusione delle norme di prudenza e correttezza contabile”, decisione che fu confermata anche in sede di Collegio di garanzia. Va detto, però, che a processo fu rigettata una parte importante dell’impianto accusatorio della procura federale che, di punti di penalizzazione, ne chiedeva 15.

Plusvalenze, cosa rischia la Juve?

Cosa accadrebbe alla Juve se venissero ritenuti colpevoli sia il club che i sei dirigenti indagati?“. Per rispondere a questa domanda è necessario ragionare su due binari paralleli. Nel primo caso si entra nel campo dei reati di falso in bilancio, illustrati negli articoli 2621 e 2622 del Codice Civile e nel decreto legislativo 74/2000: si parla quindi di presunte “false comunicazioni di società quotate in borsa” e “false fatturazioni”, e le pene variano a seconda della gravità della violazione. Nel secondo, invece, si rimane nell’ambito della giustizia sportiva, per la quale è difficile stabilire con criteri oggettivi inconfutabili il valore economico di un calciatore e la conseguente iscrizione a bilancio.

Plusvalenze, cosa dice la norma in vigore

A regolamentare il tema delle plusvalenze è l’articolo 31 del Codice di giustizia della Figc ma, come spesso accade, ampia discrezionalità è lasciata ai giudici. Se si parla di “fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali” o mettere in atto “comportamenti comunque diretti a eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica”, escludendo quindi altre violazioni di norme speciali o in termini di licenza Uefa, ci si ferma all’ammenda con diffida, come specificato nel comma 1. Nel 2, invece, si parla di comportamenti di “chi tenta di ottenere l’iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa”: qui la pena può variare dai punti di penalizzazione fino all’esclusione dal campionato. Si parla ovviamente di situazioni estremamente gravi, che è quantomeno prematuro accostare all’inchiesta Prisma, la cui portata è ancora da decifrare. Al vaglio della Federcalcio c’è poi una norma ad hoc che possa una volta per tutte far chiarezza sul tema: si ipotizza una sorta di scorporo degli incassi da plusvalenza, in modo da ridurre il peso a bilancio di questa voce.

Agnelli sul caso plusvalenze: "Siamo tranquilli"

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Agnelli sul caso plusvalenze: “Siamo tranquilli”

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