Il vero e il falso

Con chi ce l’aveva, ieri, il direttore della Gazzetta quando ha scritto che “la cattiva informazione fa danni anche quando non credibile” e titolato così il suo intervento: “L’Inter, la vendita che non c’è e le notizie false”? Con la Repubblica, per un articolo pubblicato sul sito del quotidiano e firmato dall’informatissimo e ‘scomodo’ Currò?, con noi, per la prima pagina di sabato scorso?, con la Juventus? “Diciamo che Milan e Inter al comando dopo una decina d’anni che non si vedevano così in alto danno fastidio a tanti”, una delle singolari affermazioni contenute nel fondo rosa. A parte che l’Inter era in testa anche un anno fa, e addirittura con due punti in più (giusto il Milan pre-Ibra se la stava passando maluccio); a parte questo, dicevo, mi risulta inevitabile pensare che l’attacco fosse rivolto ai dominatori degli ultimi nove campionati: Barigelli non può avercela con il nostro – e un tempo anche suo – giornale e soprattutto con colleghi con i quali ha condiviso tempo, spazio, progetti e battaglie editoriali. Figuriamoci: non è nemmeno immaginabile.

Prendendo il toro per le corna, mi concedo una considerazione: che bisogno aveva l’Inter di un avvocato difensore così confuso e contraddittorio? Barigelli assicura, come se parlasse a nome della società, che “Zhang non ha alcuna intenzione di mollare” e, contemporaneamente, afferma che “il Covid ha creato un clima poco sereno attorno alle proprietà cinesi, non solo calcistiche, in tutto il mondo occidentale”, e che “nei prossimi mesi saranno più chiare le intenzioni di Pechino”. Che è esattamente quanto da Repubblica e da noi scritto. Il capitalismo familiare cinese risponde a logiche di sistema centralisticamente determinate, per le quali le volontà individuali contano davvero poco. Farsi portavoce di una rassicurazione familiare, mentre l’orizzonte in cui questa è iscritta appare molto nebuloso, è un’operazione quantomeno discutibile. Somiglia a certe smentite maldestre, tipiche degli ambasciatori di primo pelo che finiscono per essere più realisti del re e, perciò, si rivelano sventati gaffeur.

Che poi il miglior giornalismo sportivo, che ha espresso pagine memorabili della nostra storia e penne inimitabili, si consegni a una simile tentazione, è circostanza che ci addolora per quanto a cuore ci sta questo mestiere e il suo umile e insieme nobile contributo alla democrazia. Gelosi come siamo di quel distacco che ci impone di dire, nell’interesse del lettore, ciò che accade attorno al potere, qualunque esso sia, e non ciò che il potere vuole che si sappia.

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