Il tempo minimo che serve a un c.t. per vincere: la newsletter dedicata all’Europeo

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Nazionali che di sicuro non vinceranno gli Europei: la Danimarca, i Paesi Bassi e la Polonia. Facile. Basta guardare chi hanno in panchina. O meglio: basta guardare da quanto tempo hanno in carica i loro c.t. Kasper Hjulmand, per esempio. Dopo un passato rapido anche sulla panchina del Mainz che è stata di Klopp e di Tuchel, si trova adesso alla guida della Danimarca da 11 mesi, un’esperienza ritardata dal Covid e dallo slittamento del torneo. Frank De Boer si dedica invece agli olandesi al posto di Ronald Koeman da 10 mesi e Paulo Sousa ha cominciato il suo lavoro con i polacchi da meno di cinque. Zibì Boniek lo ha chiamato in corsa, solo a gennaio. E allora? Dov’è il problema? Il problema è che la storia di questo torneo esclude che tre percorsi di questo tipo possano condurre fino alla Coppa.

Il senso del lavoro di un c.t.

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Gli Europei non hanno mai avuto un c.t. vincitore con un’esperienza tanto breve in una squadra. Il dato ha una sua logica. Una Nazionale non si allena, si seleziona. È un’opera complessa che si compone e si scompone. Richiede l’esercizio nell’antica arte dei mosaicisti. I più fortunati possono disporre del blocco di un club, ma rispetto al passato sono blocchi meno estesi, meno compatti, più frantumati. Non c’è squadra che non sia una multinazionale. Portare una selezione dei migliori a un Europeo assomiglia molto meno che in passato all’opera d’autore di un regista e molto più a quella artigianale di un montatore. Bisogna saper cucire la stoffa che ti viene offerta. I grandi c.t. del calcio sanno come aggiungere una loro impronta ma non possono farlo in pochi mesi, con le finestre Uefa o Fifa ridotte dagli impegni dei club che prestano mal volentieri i calciatori, con i campionati che quest’anno sono finiti all’ultimo istante perché sono iniziati un mese-un mese e mezzo dopo, praticamente senza vacanze estive.

Storia dei c.t. da titolo

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La storia dei c.t. vincitori inizia con il sovietico Gavriil Kačalin nel 1960. Era responsabile delle formazioni dell’impero di Mosca da cinque anni, aveva vinto un oro olimpico e seguiva la Under 21. Ebbe tutto il tempo di uscire dalla Lokomotiv Mosca e di preparare un Europeo peraltro snobbato da molti Paesi. José Villalonga con la Spagna aveva nel 1964 un biennio di convocazioni e partite alle spalle, e sotto questo arco temporale non è mai sceso nessuno. Anche Ferruccio Valcareggi nel 1968 aveva preparato il titolo con un ciclo di due stagioni seguito al fallimento della Nazionale ai Mondiali di Inghilterra. Da lui in avanti due anni sono quasi diventati un’eccezione, sono stati sufficienti ai soli Roger Lemerre (Francia 2000) e Fernando Santos (Portogallo 2016). Helmut Schön era nel 1972 sulla panchina della Germania da otto anni e da 16 addirittura nello staff. Václav Ježek guidava la Cecoslovacchia del 1976 da quattro. Jupp Derwall aveva la responsabilità della Germania 1980 da due stagioni, ma era nello staff della Nazionale da dieci. Michel Hidalgo (foto sopra) arrivò con la Francia e con Platini all’Europeo del 1984 con un percorso di 8 anni alle spalle, Rinus Michels con 4 per l’Olanda del 1988. La sorpresa della Danimarca 1992, richiamata all’ultimo istante per sostituire la Jugoslavia, e arrivata fino in fondo, fu possibile perché Richard Møller Nielsen era nello staff federale da cinque stagioni. La Germania del 1996 apparteneva a Berti Vogts da 6 anni (e da 10 era nello staff), la Grecia del 2000 a Otto Rehhagel da tre, la Spagna del 2004 e quella del 2008 a Luis Aragonés e Vicente del Bosque entrambe da 4.

I più longevi

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Mentre la longevità in panchina è diventata sempre meno coltivata dai club, in Nazionale pare aver guadagnato via via sempre più peso. Il c.t. favorito sarebbe allora Joachim Löw, che fa e disfa la sua Germania tra giovani e senatori dal 2006, dopo il Mondiale in casa mancato da Klinsmann, del quale era peraltro vice dal 2004. Lo segue Didier Deschamps, alle soglie della decima stagione come responsabile della Francia. Fernando Santos è arrivato a sette anni con il Portogallo, così come Vladimir Petkovic in Svizzera. Gareth Southgate è a cinque con l’Inghilterra, Roberto Martinez lo stesso con il Belgio. Roberto Mancini è dietro Andrij Shevchenko (Ucraina) e Markku Kanerva (Finlandia). Lo slovacco štefan Tarkovič è in prima fila da otto mesi ma tra esperienze in Under, ruoli da scout, assistente e direttore tecnico, va e viene in federazione dal 1997. Sarà interessante allora vedere in campo Danimarca, Paesi Bassi e Polonia: verificare se la tesi storica regge all’impatto con la stagione più singolare tra le ultime. Una stagione senza precedenti e dunque senza possibili confronti. Magari finisce che Lewandowski fa tre gol a partita e l’ultimo arrivato Paulo Sousa alza la Coppa.

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