Il protocollo non funziona, va cambiato. Anche Malagò è arrivato in ritardo

La Lega non è stata tempestiva, ma anche il Coni poteva dire subito che c’erano problemi: va salvata l’integrità della A

I sei gol all’Udinese li ha celebrati poco anche l’Atalanta. D’altronde quando una partita la decide un virus c’è poco da festeggiare. Non è stato di sicuro uno spettacolo da esportazione, di quelli insomma che promuovono un campionato all’estero. Il punto è che non andava giocata, si doveva rinviare. Così come si poteva scegliere un’altra data per Cagliari-Bologna di oggi. Il calendario è intasato, certo, ma la decisione Uefa di far recuperare alla Premier le partite non disputate anche durante le serate Champions apre di fatto alla possibilità di utilizzare molte più date, salvando così l’integrità del torneo, ma anche lo spettacolo e il diritto del telespettatore a vedere sfide tra due formazioni al massimo delle loro possibilità. Il protocollo varato di corsa qualche giorno fa non funziona. Era prevedibile. La Lega non è stata tempestiva, ma anche il Coni quanto meno poteva dire subito che non funzionava, anziché aspettare l’evidenza e il malumore crescente dei club. Un intervento di Malagò, prima e non dopo, avrebbe magari corretto alcune delle misure previste nel protocollo, soprattutto quella che obbliga a schierare anche ragazzini senza alcuna esperienza pur di far disputare un incontro. C’è bisogno di buon senso, in quella norma se ne vede poco.

L’Inter ha tutto da perdere contro la Juve domani sera. Chi l’avrebbe detto? Come ha ricordato Inzaghi, nelle previsioni della vigilia la stagione nerazzurra pareva gravida di incognite mentre quella bianconera di certezze. Da una parte un allenatore che non aveva vinto uno scudetto, dall’altra quello che ne aveva conquistati più di tutti tra i tecnici oggi in Serie A. L’infortunio grave di Chiesa mette ancora più in difficoltà Allegri, che però chiamerà la squadra alla partita dell’orgoglio, che è sempre la specialità della casa. Il carattere, la determinazione sono un elemento costitutivo del club bianconero che non ha molto altro a disposizione, perché il gioco non si vede. O meglio, quello che si vede non basta. Ma la Supercoppa è una sfida singola, le risorse della volontà possono fare miracoli. L’Inter torna a giocarsi una Supercoppa italiana dopo 10 anni ed è il sigillo a una rincorsa sulla Juve fortemente voluta da questa proprietà e portata a compimento da Marotta, prima con Conte, ora con Inzaghi. Il club ha retto all’onda d’urto delle molte uscite estive e allo sciame sismico di risultati inizialmente altalenanti. Il tecnico ha saputo coniugare poco alla volta un gioco offensivo a una tenuta della difesa grazie alla cucitura di un centrocampo che ha due grandi protagonisti: Brozovic e Barella. Non a caso i rinnovi sono cominciati da loro. Chiunque gli gioca accanto fa bella figura, da Calhanoglu a Vidal a Gagliardini. Gli allenatori fanno la differenza, soprattutto in un’epoca in cui i ricavi scendono e comprare è difficile. Inzaghi ha saputo trovare soluzioni all’uscita di Lukaku e Hakimi, Allegri non ha ancora trovato i gol che Cristiano Ronaldo si è portato dietro.

Una volta chi lottava per salvarsi giocava prima di tutto per non perdere. Una volta. Non è più così, provano a giocarsela sempre il Venezia e lo Spezia, per esempio. A prescindere da chi hanno davanti. Non ci riesce invece il Genoa. Shevchenko non ha saputo dare una fisionomia alla squadra, che è anzi peggiorata. I 3 punti in 9 partite sono alla fine meno allarmanti dell’assenza di un qualunque profilo tecnico che possa far intravedere la fine del tunnel. Difficile dare torto alla nuova proprietà, che comincia a pensare di dover dare una svolta prima che la situazione diventi irrimediabile.

Roma e Lazio un anno fa a questo punto della stagione avevano 8 punti in più ciascuna. Hanno perso molto. Eppure hanno in panchina due allenatori importanti. Prendere Mourinho e Sarri significa assumere un impegno a lunga scadenza. Diametralmente opposti, i due hanno in comune il bisogno di avere giocatori adatti al calcio che propongono. La Lazio vista contro l’Inter è sembrata aver trovato un equilibrio, soprattutto dietro. La Roma invece fatica a trovare un’identità. Mourinho ha però conquistato una buona parte dei tifosi, anzi li ha fidelizzati. Non succedeva dai tempi di Zeman che un allenatore godesse di una fiducia incondizionata, a prescindere. Insomma nonostante Roma e Lazio stiano andando peggio, Mou e Sarri reggono ancora bene la piazza.

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