Il posto fisso in Champions

L’ abbiamo chiamato “scudettino” per sollevarci dallo sconforto e per un bisogno più che naturale – e editoriale – di dare un senso a un altro finale di stagione senza lo scudetto da assegnare. Anche la lotta per la salvezza ci è venuta a mancare, essendosi risolta prima del dovuto, e allora che sia benedetto lo scudettino, il non-titolo che permette a tre squadre di aggiungersi ai campioni d’Italia nella lista delle partecipanti alla prossima Champions.

La settimana scorsa i posti si sono ridotti da tre a due – l’Atalanta è riuscita a qualificarsi per la terza volta consecutiva – e per quei posti si batteranno stasera Milan, Napoli e Juventus che di campionati ne hanno vinti complessivamente 56, anche se l’iniqua distribuzione mi fa tornare in mente la battuta di Marco Borriello riferita alla stagione 2003-2004: «Io e Sheva siamo stati la coppia più forte del campionato, abbiamo segnato 24 gol in due: ventiquattro lui e zero io».

La temperatura e le pressioni a Torino, Milano e Napoli sono arrivate al limite del tollerabile: anche per effetto della pandemia che ha massacrato i bilanci fin troppo sofferenti dei club, lo scudettino può produrre sconvolgimenti poiché investirà tanto la sfera economica quanto, di riflesso, quella tecnica. La Juve, che come Checco Zalone si domanda quo vado? senza il posto fisso (in Champions), patisce terribilmente la discontinuità e non può sopportare una perdita secca di 60 milioni. Agnelli ha già deciso di cambiare l’allenatore, ma non mi sento di escludere che possa tornare sui suoi passi e che qualcuno provi a convincerlo che la conferma di Pirlo sarebbe uno splendido segnale. Dal canto suo il Milan, che nell’ultimo anno ha ridotto le perdite, ha un debito di riconoscenza nei confronti di Pioli e grazie al ritorno nell’Europa più nobile rilancerebbe il marchio e guadagnerebbe in credibilità. Gattuso ha infine deciso di lasciare il Napoli e meriterebbe di chiudere con un’affermazione personale: per De Laurentiis, che rischia di perdere Allegri, col quale aveva trovato un accordo soddisfacente, la presenza in Champions è dirimente.

Sia chiaro, lo scudettino non vale lo scudetto, ma è in grado di modificare umori, uomini e prospettive. Spesso ci lamentiamo della povertà del nostro campionato, ma se, come capita da un secolo, paragoniamo il torneo a un romanzo d’appendice, o a una telenovela, ci rendiamo conto che mai le emozioni sono state cosí democraticamente diffuse. L’asso pigliatutto rischia di non prendere nulla, ecco due possibili assi di Champions trasmettere sogni di gloria a milanesi e napoletani dopo che si sono realizzati fra interisti e atalantini. In fondo sembra una fase dell’agognata Superlega. Le emozioni verranno anche dal campo, dal gioco, dai campioni e dai gregari. Non dalle chiacchiere. Vi siete accorti che risultatisti e giochisti sono spariti? È già un buon risultato, no?

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