Il patto Conte-club porta i primi frutti: e quelle parole-tabù…

Né il tecnico né Marotta hanno pronunciato la parola scudetto. Neppure per sbaglio. E i due non hanno mai neppure citato la Juventus…

Un mese dopo e 37 chilometri più a est. Ma no, non confondetevi. Appiano pareva Villa Bellini, ieri alle 14. Nelle presenze, negli sguardi, nelle parole e nelle risate, nel detto e nel sommerso. Quaranta minuti figli di quel 25 agosto, un filo rosso diventato leggibile. C’è dietro una promessa, una stretta di mano tra Antonio Conte e Steven Zhang, oltre che la dirigenza tutta. Una cosa di questo genere qui: voi, dirigenti, non andate in giro a dire che siamo i favoriti per lo scudetto. E io, allenatore, eviterò ogni tipo di polemica pubblica. Il punto di partenza è tutto qui. È la chiave di lettura per capire a fondo, sotto la regia di Zhang: è stato il mediatore del “confronto” di un mese fa, ieri mattina prima della conferenza si è ripresentato nel centro sportivo, ha salutato la squadra e poi si è messo a scherzare con Conte, Marotta e Ausilio, autostrada ideale verso la conferenza.

Cosa resta di questi 40 minuti? Quel che non si è sentito mai. Mai, ad esempio, né Marotta né Conte hanno pronunciato la parola scudetto. Neppure per sbaglio. E i due – sguardo fisso verso i computer – non hanno mai neppure citato la Juventus, che nei discorsi di Conte è stata semplicemente “la squadra che ha vinto”, anche quando c’era da parlare dell’amico Pirlo. Forse è iniziata davvero un’altra storia. Confronto e confrontarsi, i vocaboli più ricorrenti: “Non parlerei di incomprensioni – ha detto Conte -. Ci sono stati dei confronti, delle vedute a volte anche diverse, ma penso che in tutte le buone famiglie è giusto che ognuno esponga le proprie ragioni, giuste o sbagliate che siano. Ci sono stati sempre confronti onesti e leali con chi lavora per il club”. Conte che ha fatto un passo verso la società, quando ha spiegato: “Spesso e volentieri dimentico di godermi il percorso intrapreso con le squadre – ancora l’allenatore -, devo imparare in questo”. Che è un po’ come dire: gestirò anche gli eventuali mancati successi.

E, vicino a lui, un passo in avanti l’ha compiuto pure Marotta, accarezzando il suo tecnico: “L’anno scorso abbiamo fatto un lavoro straordinario, il grande merito è di Conte, è stata una cavalcata straordinaria di risultati. Gli obiettivi dichiarati sono i soliti: arrivare tra le prime 4 in Italia e partecipare con decoro all’Europa e alle altre competizioni”. Nessun assillo, per carità. Però Marotta ci ha tenuto a sottolineare: “L’anno scorso a Conte è capitato di girarsi verso la panchina e non c’erano dei centrocampisti. Ora la rosa è numerosa”. Anche senza quel Kanté che ha strappato un sorriso grande così a Conte, alla domanda se il francese fosse il “nuovo” Lukaku. “I tempi sono cambiati”, ha detto il tecnico. Ma il sorriso valeva di più. Perché è più facile controllare le parole delle emozioni.

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