Il Napoli corre più di tutti in Europa: meglio di Barcellona, Psg e Arsenal

Quando cominci questa storia è ben chiaro, e pure come finisca si è ormai capito: ma quanto grande sia, forse, non è ancora stato definito. Eppure non ha limiti, né frontiere: è un’avventura così grande che si potrebbe definire gigantesca, è un feuilleton che si può (ri)stampare in varie lingue – per dirne alcune, e mica casualmente, l’inglese, il francese, il tedesco e il castigliano – e tanto lo leggerebbe tutto, per ammirazione o semmai per frustrazione, per tentativo di emulazione oppure semplicemente per curiosità, per afferrare il senso epico di questi nove mesi, per scorgere le radici e pure le emozioni. Sessantacinque punti in ventiquattro partite rappresentano piombo per scriverci un romanzone sul Napoli che non ha (per ora) eguali nel passato, è già oltre la Juventus di Antonio Conte, quella dei 102 punti, certo mica è detto che la avvicini o la batta o la superi, ma intanto la cronaca va separata dalle previsioni e indica che la Vecchia Signora, la cosiddetta madre di questo primato, all’epoca stava due punti più in basso. E c’è dell’altro, perché in questo Vecchio Continente in cui mangia pane (o baguette) e pallone, nessuno è stato capace di tracciare un confine così netto tra sé e gli umani: non il Bayern, che pure ha vinto la Bundesliga – stracciandola – dieci volte negli ultimi dieci anni e che adesso sente il rumore dei nemici del Borussia Dortmund fracassargli i timpani a quota 46 (dunque alla pari) ed avverte i passi ravvicinati di Union Berlino, Lipsia e Friburgo. E il Psg, otto Ligue 1 nell’ultimo decennio, è appena riuscito a sbarazzarsi domenica sera della compagnia dell’Olympique Marsiglia, ora lo tiene a otto punti, ma sino all’altro giorno erano lì, a cinque, e non c’era la sensazione che fosse finita o potesse venire preparata la ceralacca. Come in Spagna: il Barcellona non ha ancora piegato il Real, lo può guardare ma senza superbia, perché in Liga, si sa, il potere può essere ribaltato in un attimo e sette punti per chi l’anno scorso, in Champions, ha buttato fuori Chelsea, Psg e City, prima di battere in finale il Liverpool, rappresentano seriamente un dettaglio esistenziale. E la Premier, in teoria il campionato più equilibrato, resta assai (teoricamente) indirizzata verso Arsenal, quartiere nostalgico di Londra, ma la febbre a 90’ s’avverte, perché il City è in prossimità, due punti dietro ed anche una partita in più .

I marziani

Il Napoli sta giocando un campionato tutto e solo suo e con le proiezioni d’un giochino che si può fare, si sta divertendo anche con il resto d’Europa, tenuta a distanza siderale nel rendimento: la stagione si chiuderà in anticipo, vai a capire in quale stadio – se al Maradona oppure altrove – e la magìa di un capolavoro irripetibile ha finito per stracciare le previsioni di agosto, quelle di novembre, ha azzerato qualsiasi forma d’azzardo, ha cancellato le scommesse, ha ridiscusso i termini della grandezza di un’impresa che non è semplicemente racchiusa nei numeri, sarebbe riduttivo, ma nell’autorevolezza e nella bellezza stessa di un calcio che Spalletti ha combinato con quel processo di ricostruzione allestito da De Laurentiis e da Spalletti. Ci sono diciotto punti tra il Napoli e il resto d’Italia e non c’è nel resto d’Europa, negli altri quattro campionati, chi abbia potuto fare qualcosa che somigliasse a ciò che sta realizzando Spalletti: una specie di Cesare moderno.

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