Il Milan e il dilemma Leao: giusto sacrificarlo o è meglio insistere?

Parla Tiago Fernandes, l’allenatore che “lo ha salvato” ai tempi dello Sporting Lisbona: “Il Diavolo non deve privarsene, ha tra le mani un potenziale campione. A patto di usarlo nel ruolo giusto, l’ho detto a Pioli”

In portoghese si dice così: “Acordar”. Svegliarsi. Lo pensa Pioli e lo ribadisce Tiago Fernandes, professione mister, quello che “ha salvato la carriera di Leao” quand’era ancora un “teenager sulle nuvole”. Parole sue: “C’è stato un tempo in cui lo Sporting Lisbona voleva liberarsene. Aveva 15 anni, non era aggressivo, sempre svogliato, così l’avevano depennato dalla squadra per l’anno successivo”. No secco. “Lo presi sotto la mia ala, per un paio di mesi non ha visto il campo. ‘Lavora sulla testa e giocherai’, gli dicevo”. Andrà così: prima il titolo U19, poi l’esordio in prima squadra nel 2017. Oggi il Milan, con qualche dubbio.

CHE FARE?

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Di Leao si parla sempre allo stesso modo. “Bravo, ma…”. Limiti evidenziati a più riprese, perfino da Ibra: “Deve darsi da fare”. Mentre Pioli ha fatto leva sul linguaggio del corpo: “Dà la sensazione di stare sulle nuvole”. Di fronte a un’offerta seria il Milan potrebbe cederlo (almeno 25 milioni), anche se il rischio di vederlo realizzato altrove c’è (vedi Locatelli, Pessina o Cristante). Leao ha 22 anni, ha segnato 13 gol in due stagioni, ha giocato sia da esterno che da punta centrale, affare da 23 milioni nel 2019. Tiago Fernandes, però, non ha dubbi: “Il Milan non deve privarsene, ha tra le mani un potenziale campione”.

CON DEMIRAL

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I due hanno lavorato insieme per un po’. Tiago, 39 anni, è stato allo Sporting per una vita. Ha allenato l’U15, l’U19 e l’U23, poi ha fatto da vice in prima squadra nel 2018. Oggi cerca una nuova sfida dopo l’ultima tappa nel Leixões: “Uno come Leao non l’ho più visto. L’ho allenato per la prima volta a 12 anni. Era timido, testa bassa, viveva in convitto e parlava poco. Quando andava a scuola si portava il pallone in classe. Per un po’ l’ho ospitato anche a casa con la mia famiglia. Siamo molto legati”.

Pure in campo. “Lo chiamavano ‘Leone’, perché quando si svegliava vincevamo sempre. Il problema è proprio quel ‘quando’. Con lui bisogna lavorare parecchio”. Anche mettendogli contro centrali tosti. “A gennaio 2017 lo Sporting prese Demiral. Io allenavo la squadra B e Leao era il punto di riferimento. Gli dicevo di non mollare, di lavorare sulla fase difensiva e di riguardarsi sempre in video dopo le sedute. A volte lo faceva, altre no. In fondo è fatto così. A Merih, però, dissi subito di mettersi a uomo su Rafa e marcarlo stretto come lui sa fare. Avrebbe imparato solo così”. E poi? “Qualche giorno dopo Leao si lamentò della marcatura aggressiva di Demiral. Mi chiese di giocare insieme a lui, ma gli risposi che lo stavo facendo per la sua carriera”.

Il ruolo migliore

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Capitolo ruolo: meglio da esterno o da prima punta? “È un centravanti completo – racconta Tiago – Deve fare quello. Ne ho parlato anche a Pioli”. Metti un meeting a Piazza Duomo per parlare di tattica ed ex pupilli: “A gennaio 2020 sono stato 15 giorni a Milano e ho parlato al mister di Rafael. Gli ho detto che è un numero 9 e che lì può fare la differenza. Apre gli spazi, è veloce, dribbla, ha un bel tiro. Con Ibra accanto giocherebbe anche meglio, ma deve svegliarsi”.

Spesso lo fa contro la Juve, a cui ha segnato 4 gol: uno con il Milan e tre con lo Sporting Lisbona. Tutti nelle Youth League 2017-18: “La miglior partita di Leao. Vincemmo 4-1, lui segnò una doppietta e poi si guadagnò un rigore. Una gara da fenomeno. A fine partita i dirigenti bianconeri mi chiesero chi fosse quel ragazzo e quanto valesse. Segnò pure al ritorno, e poi giocò alla grande anche contro il Barça”. A fine stagione verrà venduto al Lilla, oggi è il dilemma del Milan. Valorizzarlo o mandarlo via? “Il talento c’è, va solo aspettato. E magari fatto giocare da centravanti”. Garantisce Tiago.

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