Il letargo masochista del calcio italiano

Quando si dice che ci piace farci del male. Dopo cinquanta giorni di stop, il calcio si riaccende nella maggior parte delle Leghe Top d’Europa, tranne che in serie A. Cioè nell’unico Paese rimasto fuori dai Mondiali. Si fa fatica a credere che un sistema che invoca e riceve sostegno finanziario per la crisi sia così barricato nelle sue rigidità da restare in letargo oltre il dovuto. 

L’Inghilterra, che pure ha inviato in Qatar la più cospicua pattuglia di atleti della Premier, sessantaquattro agli ottavi contro i «nostri» ventitré, ha ripreso a giocare quattro giorni dopo la finale di Doha, proponendo in Coppa di Lega la supersfida tra City e Liverpool e registrando il pienone sugli spalti. Poi anche la massima serie si è riavviata, com’è consuetudine, nel Boxing Day. La Francia è ripartita ieri e il suo campione più rappresentativo, Kylian Mbappé, ha rinunciato a una settimana di ferie per tornare ad indossare la maglia del Psg. Alla Spagna tocca oggi. Quanto alla Germania, lo stop fino al 13 gennaio è un investimento storico sull’economia della neve. Ma l’Italia no. L’Italia che già paga un digiuno calcistico umiliante si autoinfligge un’altra settimana di vacanza, cedendo all’immobilismo di un sistema incapace di mettere in discussione qualunque suo assetto, nel timore di veder crollare giù l’intero Palazzo. 
Negli anni passati si sono invocate perfino le radici cristiane per giustificare la sosta e archiviare come un flop l’esperimento del 2016. In realtà la lunga chiusura risponde a una postura culturale che intreccia la pigrizia organizzativa dei club con l’interesse corporativo del sindacato calciatori. È un atteggiamento tutto italiano, simile a quello che ha indotto per anni i negozianti a osteggiare la chiusura dei centri storici alle auto, salvo dover ammettere a posteriori che nelle aree pedonali si fanno affari d’oro. 
Nell’anno della seconda esclusione consecutiva dal Mondiale tutto si poteva pensare e programmare, tranne che un’anestesia supplementare alle emozioni del campionato. Non è un bell’esempio per la credibilità del sistema. Non sarà casuale che alcuni dei nostri «nazionali», come Di Maria e Paredes, abbiano rinviato il rientro, e altri, come Pogba, abbia programmato una vacanza sulle nevi mentre noi ci chiedevamo se fosse guarito. Nel Paese dei balocchi Pinocchio fa proseliti. Quanto a noi miseri fruitori, paganti, dello spettacolo, dopo tanta sete di calcio giocato non resta che sperare che almeno Inter-Napoli non sia un miraggio. 

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