Il favoloso viaggio di Nadia: la rifugiata afghana… danese per errore e icona del calcio donne

Quando aveva 11 anni, suo padre è stato ucciso dai talebani. È stata la 10 di Psg e City. Attivista per i diritti delle donne, conosce 11 lingue e ha un futuro da chirurgo

Storia di tragedia e trionfo. Nel 2018 Forbes l’ha inserita tra le sportive più influenti al mondo. Lei è Nadia Nadim, 33 anni, afghana, sopravvissuta al trauma infantile del sequestro e dell’esecuzione del padre da parte dei talebani. E diventata, dopo essere scappata in Danimarca, una delle calciatrici più quotate, vincitrice dello scorso campionato di Francia con il Psg. Ora gioca negli Stati Uniti.

L’INCUBO TALEBANO

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È nata ad Herat, nel nord-ovest dell’Afghanistan, città che negli ultimi giorni è tornata in mano ai talebani. Suo padre era un generale dell’esercito afghano. “Quando avevo 11 anni ho ricevuto la straziante notizia che i talebani l’avevano giustiziato”, racconta Nadim sul suo sito. Lei, sua madre e le quattro sorelle decidono di scappare. “Avevamo programmato di rifugiarci a Londra, dove avevamo alcuni parenti, e con passaporti falsi siamo arrivati in Italia, via Pakistan”. Prendono un camion, direzione Londra. “Dopo alcuni giorni di viaggio, scendiamo dal mezzo, aspettandoci di vedere il Big Ben. E invece c’erano solo distese d’alberi. Abbiamo chiesto a un passante e abbiamo scoperto che l’autobus ci aveva lasciati in Danimarca”.

LA RINASCITA DANESE

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Un Paese che Nadim avrebbe presto imparato a chiamare casa. Ed è proprio in Scandinavia che sboccia come calciatrice. Gli inizi sono nel B52 di Aalborg, poi l’ascesa. Nel 2012, con il Fortuna Hjørring, l’attaccante debutta in Champions League, segnando due gol al Celtic Glasgow. E diventa un punto fermo anche della Nazionale danese. Per farla debuttare con le scandinave, la Fifa fece un’eccezione, dal momento che non aveva ancora raggiunto i 5 anni di residenza dopo il compimento dei 18.

DAL CITY AL PSG

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99 presenze e 38 reti in Nazionale, con tanto di argento agli Europei nel 2017. L’anno successivo si trasferisce al Manchester City, poi, sempre da numero 10, al PSG, dove ha vinto lo scorso campionato di Francia. Tra le calciatrici più note e pagate, ora gioca in Kentucky, negli States, con la maglia del Racing Luisville.

FUORI DAL CAMPO

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Nadim è un personaggio anche lontano dalle aree avversarie. Musulmana, conosce 11 lingue (danese, inglese, spagnolo, francese, tedesco, persiano, dari, urdu, hindi, arabo e latino) e ha studiato medicina alla Aarhus University: finita la carriera calcistica, inizierà quella da chirurgo. Per Forbes è una delle 20 sportive più influenti del 2018. Il suo impegno nella promozione dell’uguaglianza tra i sessi le è valso la nomina, nel 2019, come UNESCO Champion for Girls and Women’s Education. Ambasciatrice delle Nazioni Unite, per le ragazze è un’icona. “Un giorno, mentre parlavo ad una conferenza, una ragazza alzò la mano – ha raccontato al Guardian -: era pakistana. Disse che giocava a calcio in un piccola città, ma tutti le dicevano che non era uno sport per ragazze. Stava per scappare, ma si è imbattuta nella mia storia e non ha mollato. Ora ha fondato una squadra nella zona. Io non piango tanto, ma quella volta non ho resistito”. Storie che si incrociano. Questioni di prospettive. “Quando sei in quarantena puoi pensare che la tua vita fa schifo, ma puoi anche essere grato di vivere in una società in cui puoi stare a casa e avere ancora cibo e un tetto sulla testa”. Parola di Nadia Nadim, calciatrice e cittadina del mondo.

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