Dopo la caduta del Muro la Germania si rivolta contro la tremenda polizia segreta dell’Est che ha inquinato la vita del paese. E a un certo punto un dito viene puntato contro un campione appena arrivato in Serie A
La mattina del 15 gennaio 1990 migliaia di tedeschi affollano le vie di Lichtenberg, nella Berlino che fino a 67 giorni prima era divisa in due. Vanno tutti in un’unica direzione, si accalcano davanti a un palazzo imponente di Ruschestraße, al civico 103. Lì c’era la sede del Ministerium fur Staatssicherheit, meglio conosciuto come Stasi, il Servizio segreto della Repubblica Democratica Tedesca, l’organizzazione di sicurezza e spionaggio creata nel febbraio del 1950 come una sorta di enorme tentacolo del già tristemente noto KGB, il servizio segreto dell’Unione Sovietica. Quando vengono aperti i cancelli i manifestanti si riversano dentro i locali, entrano di fatto nel loro passato, in quella parte oscura e feroce che ora qualcuno vorrebbe archiviare, occultare, dimenticare. Al grido di “Mai più Stasi” ribaltano scrivanie, svuotano cassetti, rovesciano centinaia e centinaia di faldoni, appiccano improvvisati fuochi, strappano fogli, gettano nella spazzatura qualsiasi cosa gli capiti tra le mani.