Il culto di Maradona e la festa: Napoli è già la città della gioia

Viaggio nei vicoli e nelle piazze: dai fiori davanti al celebre murale di Diego agli scudetti sulle camicie dei baristi, è tutto pronto. E i turisti si adeguano

Dal nostro inviato G.B. Olivero

30 aprile – Napoli

Guarda, Diego, guarda che bello. La festa inizia da te, perché è con te che tutto ha avuto inizio. Il corteo del trionfo potrebbe scattare oggi intorno alle 17, ma ieri è nata spontaneamente la processione del ringraziamento. Tutti in fila a salutare Maradona, un rito pagano svolto con devozione religiosa, come se Diego fosse comunque protagonista anche di questo scudetto del Napoli, il primo senza la sua presenza. Pioviggina a metà pomeriggio, ma ai Quartieri Spagnoli le gocce d’acqua non toccano terra perché non c’è fisicamente spazio tra una persona e l’altra, tra un fedele e l’altro. È l’attesa più dolce perché il risultato, che sia oggi oppure no, è ormai garantito. E quindi cambia la liturgia classica del tifoso e anche il modo in cui viene scandito il passare del tempo fino al momento in cui tutto dovrà compiersi. D’altronde è il premio più bello per chi alla parola attesa ha saputo dare un senso lungo 33 anni, senza mai far scolorire una passione infinita. In via Emanuele De Deo, il vicolo che da via Toledo porta a quello che è noto a tutti come Largo Diego Armando Maradona, semplicemente non si passa. Sono circa duecento metri in salita che diventano un pellegrinaggio lentissimo, allegro, colorato e molto rumoroso. Un coro dietro l’altro, un inno dietro l’altro: sono le ore più belle, quelle che anticipano l’esplosione della grande festa in cui il caos impedirà magari di cogliere alcuni aspetti della felicità napoletana.

La rosa e i colori

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Un signore, avrà circa sessant’anni, si avvicina al murale dedicato a Diego. Per terra, in prossimità della parete dipinta, c’è un tappeto di sciarpe e magliette di tante squadre, omaggi di tifosi di ogni latitudine al re del pallone. Su quel tappeto, il signore con i capelli bianchi e l’occhio umido appoggia timidamente una rosa. Ci sono altri fiori, ci sono immaginette di defunti, c’è la spiegazione visiva di ciò che rappresenta Maradona per questa gente. Quel murale è la Cappella Sistina dei tifosi del Napoli e di chiunque porti nel cuore Diego e il suo calcio poetico. Fu realizzato nel 1990, dopo il secondo scudetto, ed è luogo di culto per eccellenza. Ben più del murale artistico, ma fuori mano, disegnato dallo street artist Jorit a San Giovanni a Teduccio, nella piazzetta Maradona: ieri lì c’erano i lavori in corso, stavano ravvivando i colori dell’opera e in particolare la scritta “Dios umano”. Anche i murales si fanno belli per la celebrazione dello scudetto, così come ogni strada, ogni vicolo, ogni piazza: il bianco, l’azzurro e il tricolore decorano l’intera città e a Spaccanapoli addirittura oscurano il cielo perché le strisce colorate fanno da affascinante tettuccio alle vie pedonali. I bambini acquistano le maschere di Osimhen, gli adulti si fermano in via San Biagio dei Librai, al bar Nilo, ad ammirare il capello di Maradona, che la leggenda vuole sia stato prelevato dal sedile dell’aereo su cui aveva viaggiato Diego accanto al titolare del locale.

Una storia di calcio

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I turisti, italiani o stranieri, che sanno di calcio non si stupiscono di fronte all’esuberanza di chi celebra il trionfo. Quelli che invece ignorano la grandezza dell’evento si fanno trascinare in fretta nel clima di festa. I camerieri del Gambrinus, storico locale di piazza del Plebiscito, da ieri indossano con vanto uno scudetto sull’immacolata giacca bianca. Napoli è bellissima, offre il suo volto più autentico a chi ha deciso di passare qui il ponte del Primo Maggio. Non c’è una camera libera in nessun albergo e qui il calcio non c’entra. Anzi, è proprio questo il punto più importante. Non è una storia di riscatto sociale, non è lo sport che trascina in alto la città. No, questa è la storia dello scudetto vinto da una squadra fortissima: è calcio allo stato puro, privo della retorica che molto spesso in passato ha vestito e accompagnato, magari giustamente, i successi del Napoli. Non ci sono rivincite da prendere, non ci sono altri significati. Una città meravigliosa e una squadra fantastica.

La tribuna speciale

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Il lungomare è un’infinita sfilata di magliette, anche se la temperatura inviterebbe a indossare almeno una felpa. Tra le 9 di Osimhen e le 77 di Kvaratskhelia spuntano tante 10 di Maradona, un tridente dei sogni che congiunge passato e presente. Diego è figlio della città e padre della squadra, anche di questa che ha preso forma quando lui ormai poteva solo ammirarla dall’alto. E verso il cielo, oggi alle 17, andrà lo sguardo dei tifosi che riempiranno lo stadio e le strade della città. Lassù c’è una tribuna d’onore speciale, perfettamente illustrata in uno striscione appeso ai Quartieri Spagnoli: capitan Di Lorenzo, Victor Osimhen e altri giocatori scrutano l’orizzonte e scorgono Diego Maradona che solleva lo scudetto con il numero 3 mentre accanto a lui sorridono Massimo Troisi, Pino Daniele, Bud Spencer e Mario Merola. È bello pensare che anche in quell’angolo di cielo venga improvvisato un corteo per celebrare questo successo. È bello accorgersi che in questa città la felicità non è solo uno stato d’animo, ma assume contorni quasi fisici. E allora, che sia oggi o tra pochi giorni, nulla importa. Goditela, Napoli. Come solo tu sai fare.

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