Il corno scacciaguai di Spalletti: il regalo scaramantico fatto ai giocatori

NAPOLI – Non è vero o forse sì. Ma evidentemente, da queste parti e a questo punto, è meglio crederci. Luciano Spalletti, alla vigilia di Natale e del secondo capitolo di una storia che lui e i giocatori hanno finora scritto con la maestria delle penne importanti, si è regolato così: ultimo venerdì di lavoro, tre giorni di riposo, ripresa martedì senza interruzioni fino all’Inter e un corno. Un corno portafortuna molto, ma molto napoletano regalato ad ognuno dei suoi ragazzi in occasione della cena-brindisi andata in scena giovedì a Posillipo. Il Napoli è una gran bella squadra, ha dominato fino alla sosta in Italia e in Europa ed è anche stata capace di annichilire certi giganti, però sai com’è… Il lavoro è l’unica chiave, è il credo imprescindibile del signor Luciano ed è il mantra recitato a memoria sin dal primo giorno di una stagione che autorizza a credere e non a sognare, ma tutto sommato in questa fase così stimolante e così delicata vale qualsiasi cosa. Anche un amuleto. Figuriamoci venticinque.

Tutto il Napoli insieme per la cena di Natale

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Tutto il Napoli insieme per la cena di Natale

Napoli, il chiodo fisso

E allora, il regalo di Natale. Un segno, un simbolo, un modo per riderci su: eppure, sia chiaro, la questione è serissima. Eì un Napoli che ha fatto girare la testa (e il pallone) alla velocità della luce; è una squadra che ha conquistato stadi e copertine e riconquistato la gente; è una compagnia di aspiranti eroi che, dopo trentatrè anni di attesa e illusioni proverà sin dalla prima notte dell’anno a San Siro di ricominciare a volare. Il 4 gennaio si va in scena con l’Inter e nessuno ha mai smesso di pensarci sin dal 12 novembre, giorno dell’ultima partita prima della pausa. I reduci del Mondiale, tra l’altro, hanno smaltito fatica e stress e sono già tutti al lavoro con i compagni, e ora, dopo il sostanzioso rifornimento atletico gestito tra Turchia e casa azzurri, bisognerà alleggerire le gambe e liberare i pensieri. Sì: l’impressione venuta fuori nettamente dopo la sconfitta con il Villarreal e gli schiaffi color Lilla è che la squadra è appesantita dalla fatica. Appannata. Inevitabilmente.

Spalletti e la Russia

Al di là dei segni delle sconfitte nelle ultime due amichevoli, perché Spalletti non perderebbe neanche a briscola e qualcosa come ha detto lui stesso va di certo registrata, una cosa è certa: il gruppo è unito come mai. Impressione certificata anche dalla cena di Natale voluta giovedì da Di Lorenzo, il capitano, nonostante il club avesse deciso di non organizzarla per una serie di motivazioni spiegate da De Laurentiis al gruppo (innanzitutto la prevenzione del Covid). Avrà di certo fatto morale, per usare il gergo; sarà di certo servita a lavare le tracce della figura un po’ così rimediata con il Lilla ma giustamente perdonata dalla gente del Maradona: sembrava di assistere a una delle serate di calcio estivo di Castel di Sangro, quando la squadra non riusciva ancora ad esprimere quei concetti, il potenziale e quella potenza sprigionata sin dalla prima a Verona. Meglio andarci cauti con i giudizi quando c’è di mezzo il Napoli. Meglio aspettare: Spalletti, del resto, ha gestito soste ben più lunghe in Russia e poi ha vinto con lo Zenit. Sono fatti, è negli almanacchi e al diavolo la scaramanzia. O forse no.


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